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11.12.2013
Salve, Sig.
Giulio,La disturbo per l'identificazione di questa moneta: Diametro: 20,00 mm Peso: 2,20 g Asse di conio: ore 12 Colore/materiale: bronzo Aspetto generale: si presenta molto consumata e mancante di parte del bordo inferiore, con patina verde. Note ulteriori: nella parte frontale, nella leggenda attorno al busto, si legge dopo alcune lettere mancanti: IVLIA (penso sia Giuliano II Apostata). Nella parte posteriore, nella legenda attorno al soldato che uccide un cavaliere sbalzato da cavallo, si legge dopo alcune lettere di difficile interpretazione: ATIO, poi AR o RA ed infine REPARATIO. Potrebbe tale moneta essere una imitazione barbarica dell'AE3 di Giuliano II FEL(ix) TEMP(orum) REPARATIO? Cordialmente. |
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Roma, 15.12.2013
Egregio Lettore, di seguito riporto gli elementi significativi raccolti sulla moneta di figura: Æ3,1 zecca di Sirmium, 6.11.355-estate 361 d. C.2, RIC VIII 72/4/6/78 (pag. 389)3 Descrizione sommaria (sono indicate in rosso le
parti della leggenda usurate o comunque non più
leggibili): La ricerca nel web di monete simili a quella di figura ha prodotto i seguenti risultati:
Un saluto cordiale. ------------------------------- Note:
(2) La datazione sopra riportata copre l'arco temporale in cui Giuliano mantenne il rango di Cesare (6 novembre 355-estate 361 d. C.). (3) L'indicativo di zecca, illeggibile in questa moneta, è desumibile, almeno in parte, dagli elementi rilevabili della moneta in esame che sono: l'interruzione della leggenda del dritto (IVLIA-NVS) e la lettera M nel campo sinistro del rovescio. Allo stato delle cose, non è invece possibile risalire all'officina monetale (con x che può valere A o B), né all'emissione specifica, in quanto sono possibili varie combinazioni delle lettere xSIRM con i segni che precedono o seguono, come di seguito indicato: xSIRM (Ric 72, v. link); xSIRM ° (Ric 74, v. link); °xSIRM° (Ric 76, v. link); xSIRM* (Ric 78, v. link). (4) Dominvs Noster IVLIANVS NOBilis Caesar. La storia di Giuliano parte da lontano. Suo nonno, l'imperatore Costanzo Cloro, aveva avuto sei figli legittimi dalla moglie Teodora, tra questi Giulio Costanzo, padre di Giuliano e Delmazio senior. Diversi anni prima del matrimonio, però, Costanzo Cloro aveva avuto un figlio di nome Costantino da Elena, donna di umili origini con la quale aveva convissuto in regime di concubinato, come allora si usava quando le differenze di ceto sociale non consentivano l'unione legale. Alla morte di Costanzo Cloro, era stato Costantino, allora trentenne, a prendere sulle spalle, per ragioni di età e di esperienza (i figli di Teodora erano piccoli), l'eredità paterna; la famiglia di Teodora era così vissuta all'ombra di Costantino. Divenuto imperatore, Costantino aveva condiviso con i propri figli le responsabilità di governo, in particolare Costantino jr. ebbe il governo della Spagna, della Gallia e della Britannia, Costante quello dell'Italia, dell'Illiria e dell'Africa e Costanzo quello delle province asiatiche e dell'Egitto, mentre Costantino mantenne per sé il governo della penisola balcanica. Prima di morire, nel 337, Costantino si ricordò nel testamento dei nipoti, Delmazio jr e Annibaliano, figli di Delmazio senior, fratellastro di Costantino e ad essi lasciò rispettivamente la penisola balcanica e il governo dell'Armenia e della costa del Ponto. Ciò fu causa della loro disgrazia: alla notizia della morte del padre, Costanzo si precipitò a Costantinopoli dove organizzò una rivolta contro gli zii e cugini discendenti di Teodora. Due fratellastri di Costantino, tra cui Delmazio senior e Giulio Costanzo, padre di Giuliano e sette nipoti, tra cui Delmazio jr. e Annibaliano, furono trucidati. Per caso si salvarono dal massacro Giuliano, che all'epoca aveva sei anni, e il fratello Gallo che ne aveva 12. Il crudele e sospettoso Costanzo risparmiò le loro vite ma li relegò in due diverse città dell'Asia Minore. I ragazzi furono posti sotto la guida di maestri cristiani, che spiavano i loro minimi movimenti e sotto la supervisione di Eusebio, vescovo ariano di Nicomedia. Così Giuliano ricevette le prime lezioni di cristianesimo da coloro che considerava nemici mortali e la dottrina cristiana gli fu presentata sotto l'aspetto più infelice di un'interminabile disputa tra ortodossi e ariani. A Giuliano il cristianesimo fu inculcato a forza ed egli, per un senso di istintiva difesa, fu costretto a mostrarsi convinto e fervente. Tuttavia, tra gli insegnanti che ebbe modo di frequentare, ne conobbe uno che lo introdusse di nascosto alla poesia e alla filosofia greca, poi, più tardi, seguì in gran segreto, all'insaputa dell'imperatore zio, le lezioni di un famoso retore pagano, Libanio. Avvenne quindi in quegli anni la conversione al paganesimo (di qui l'appellativo di Apostata che si applica a colui che rinnega la fede nella quale è stato cresciuto) e l'odio verso i cristiani: erano stati costoro che gli avevano ucciso il padre, loro che l'avevano tenuto per anni in esilio, loro che gli avevano negato la conoscenza del mondo classico. Giuliano abbracciò così il neoplatonismo che, rispetto al cristianesimo, presentava il vantaggio di rimanere nel campo dell'antica cultura e del vecchio politeismo. Poi venne anche per lui il momento di comandare. La svolta si ebbe poco dopo la morte del fratello Gallo; l'imperatore Costanzo, che pure l'odiava, non aveva eredi e quindi, dopo avergli conferito il titolo di Cesare, lo inviò in Gallia a difendere il confine renano. Sul campo il filosofo si rivelò buon generale riuscendo a sopraffare gli Alemanni e più tardi i Franchi. I primi dissapori con Costanzo ebbero inizio nel 359, quando il re persiano Sapore II passò il Tigri e attaccò i territori romani. Costanzo, impegnato sul Danubio a contrastare i Quadi e i Dalmati, ordinò a Giuliano di inviare dei reparti ausiliari ma questi oppose un rifiuto perché, in forza di un trattato concluso con i barbari che servivano nel suo esercito, si era impegnato a non utilizzarli fuori dalla Gallia. Nel febbraio del 360, a Lutetia (Parigi), Giuliano fu acclamato dalle truppe che lo riconobbero come Augusto ma l'imperatore Costanzo, titolare del potere formale, non volle confermargli il titolo. Lo stato di tensione che si creò tra i due sovrani non impedì che ancora nell'estate del 361 monete della stessa tipologia venissero battute contemporaneamente a Sirmium, zona di confine tra l'Occidente e l'Oriente (v. ad es. il link Ric 75), sia nel nome di Costanzo che in quello di Giuliano che continuava a titolarsi Cesare sulle monete nella speranza e nell'attesa del riconoscimento del grado superiore da parte di Costanzo. Di lì il passo fu breve, l'occidente fu dalla sua parte, Costanzo continuò nel non volerlo riconoscere, anzi mosse contro di lui ma la morte lo colse all'improvviso il 3 novembre del 361 e Giuliano fu finalmente Augusto, riconosciuto da tutto l'impero. Nel 363, Giuliano si imbarcò in un'ambiziosa campagna militare contro l'Impero Sassanide; all'inizio le operazioni militari volsero a suo favore ma successivamente in battaglia Giuliano fu ferito a morte, trafitto da una lancia, paradossalmente compiendosi così, in modo opposto a quello illustrato dalla moneta di figura, il suo destino. (5) Mentre il significato della leggenda allusiva al "ritorno dei tempi felici" (quelli in cui Roma riusciva a dispiegare la sua potenza e a proteggere la popolazione dalle invasioni) è trasparente, non del tutto certa è l'espansione della leggenda, FELix TEMPorvm REPARATIO oppure FELicium TEMPorum REPARATIO oppure FELicis TEMPoris REPARATIO. (6) M/?xSIRM? è il segno di zecca che si compone di due parti:
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