|
||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Roma, sesterzio, Giulia Domna, Giunone e il pavone | ||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
4.5.2022
Sarei
curioso di avere info su questa moneta (foto
allegate)Materiale non ferroso Diametro circa 2,3cm Peso 17,6g Asse di conio 180° facce capovolte Ringrazio anticipatamente Saluti |
||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
|
||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Roma, 20.10.2018
Egregio
Lettore,di seguito riporto gli elementi significativi riguardanti la moneta di figura: Sesterzio1,
zecca di Roma, 211-217 d. C., RIC IV/1
585b (pag. 310), BMC V
210 (pag. 469), Cohen
IV 90 (pag. 113), grado di rarità
"S" La ricerca nel web di monete della tipologia di figura ha dato luogo ai seguenti risultati:
Veniamo alle conclusioni. Per quanto consentito ad una valutazione a distanza, le caratteristiche generali e di stile della moneta in esame appaiono non difformi da quelle delle monete d'epoca di pari tipologia. Le caratteristiche fisiche sono un po' fuori norma, specie per quanto riguarda il diametro che, data la forma squadrata del tondello, andava comunicato nella misura minima e massima. Nello stato presente il valore venale della moneta in esame, vista la lesione radiale, non dovrebbe, a mio avviso, superare i 50,00€. Un saluto cordiale. Note: (1) Raccolgo in tabella le caratteristiche fisiche dei sesterzi della tipologia di figura tratte dai link di cui sopra:
(2) IVLIA PIA - FELIX AVG (IVLIA PIA FELIX AVGusta). Singolare la storia di Giulia Domna nel segno degli astri. L'oroscopo le aveva predetto che un giorno sarebbe diventata regina. Suo padre, Giulio Bassiano (nome che Giulia avrebbe poi trasmesso al figlio Caracalla), era sacerdote e custode di un tempio ad Emesa in Siria dove si venerava il frammento di una stella caduta dal cielo. Settimio Severo, generale romano da poco vedovo e credente negli astri, a lui si era rivolto per un presagio sul proprio futuro. Fu così che i destini di colei che prevedeva di diventare regina e di colui che aveva tutta l'ambizione di diventare re si incrociarono e l'unione fatale fu inevitabile. La grande occasione per Settimio Severo si presentò nel 193 d. C. quando, alla morte di Pertinace, i pretoriani misero all'asta il seggio imperiale. Concorsero l'effimero Didio Giuliano, che durò come imperatore appena 66 giorni prima di essere ucciso dagli stessi pretoriani, poi Pescennio Nigro, Clodio Albino e Settimio Severo che alla fine prevalse sui suoi avversari e avviò a Roma una monarchia ereditaria di stampo militare. Settimio Severo governò sino al 211, anno della morte. Giulia si fece conoscere nei salotti romani per le doti di intelligenza e cultura, sino a diventare punto di riferimento per la vita religiosa e filosofica del tempo. L'influenza che esercitò anche nella vita politica trova riscontro sul rovescio di quelle monete che parlano di lei come di "Mater Senatus" e "Mater Patriae". Altre monete narrano la sua influenza nell'ambito militare ("Mater Castrorum"). Giulia dette al sovrano, oltre ad alcune femmine non passate alla storia, due figli maschi, Caracalla e Geta, inetti e incapaci a cui il padre volle concedere il titolo di Augusti, rispettivamente nel 198 e nel 209. I due fratelli non andavano d'accordo ma Giulia cercò di stemperarne il carattere. Alla morte di Settimio Severo fu lei che dietro le quinte seguì gli affari di stato senza tuttavia riuscire ad impedire il peggio. Si narra che Caracalla, stanco di condividere il potere con il fratello, lo uccidesse nel 212 alla presenza della madre e ne decretasse la "damnatio memoriae". Nonostante il dolore per la perdita del figlio minore, Giulia appoggiò quello superstite il cui governo fu caratterizzato dalla crudeltà verso gli avversari o sospetti tali e dalla stravaganza nei comportamenti. Nel 217, mentre era in viaggio in Mesopotamia da Edessa a Carrhae dove intendeva visitare un celebre tempio dedicato al siriano dio Lunus, Caracalla fu ucciso da un soldato della guardia del corpo su istigazione di Macrino, capo dei pretoriani, e Giulia finì esiliata ad Antiochia. Il dolore per la perdita del primogenito e del potere di cui disponeva la portarono nello stesso anno al suicidio attraverso il rifiuto del cibo. Chi sa cosa le stelle le avevano predetto! (3) IVNONEM. L'insolito accusativo (IVNONEM) cela un verbo transitivo sottintéso che lega il soggetto (IVLIA PIA FELIX) al complemento oggetto IVNONEM, come potrebbe essere, ad esempio, il verbo venerare o altro simile; in altri termini le leggende del dritto e del rovescio, lette congiuntamente, potrebbero significare, Giulia Pia Felice venera Giunone. Nel solco della tradizione antonina, il dritto e il rovescio della moneta sottolineano il rapporto quasi paritetico tra l'Augusta, prima donna dell'impero e Giunone, la dea regina dell'Olimpo. (4) Il pavone è l'animale caro a Giunone, come l'aquila lo è a Giove. Il pavone è anche il simbolo della fedeltà coniugale in quanto si ricollega al mito di Argo che di seguito riassumo: "Nell'intento di sedurre la sacerdotessa Io, Giove si era trasformato in una nube con cui aveva avvolto la terra e poi aveva trasformato l'oggetto del suo desiderio in una vacca allo scopo di celare l'infedeltà coniugale. Ma Giunone, indotta in sospetto per aver visto la terra nascosta dalla nube, era scesa a controllare e aveva trovato Giove in compagnia della vacca. Il trucco non poteva bastare ad ingannare la dea che astutamente aveva chiesto a Giove di poter avere in dono la vacca, dono che Giove non aveva potuto negarle senza ammettere il misfatto. Quindi Giunone aveva affidato ad Argo, il mostro dai cento occhi, la custodia della vacca; tra i suoi cento occhi, Argo ne aveva almeno uno sempre aperto e quindi nemmeno il sonno avrebbe potuto impedirgli di svolgere la custodia. Giove allora, per riprendersi Io, si era rivolto allo scaltro Mercurio che, dopo aver addormentato Argo con il suono del suo flauto, lo aveva decapitato. Giunone volle ripagare Argo per il suo sacrificio e, prelevati i suoi occhi, li aveva trasferiti sulla coda del suo animale preferito, il pavone, dove ancora si possono osservare." (5) S C (Senatus Consulto). Tra le novità introdotte da Augusto è da ricordare quella per cui veniva conferita al Senato la competenza della monetazione in bronzo; ogni emissione ènea riportava perciò sul rovescio la sigla S C (Senatus Consulto, "per decreto del Senato"). La monetazione in oro e argento, priva di questa sigla, rientrava nella competenza esclusiva dell'imperatore. |
||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
|