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18.02.2016
Buonasera
Sig. Giulio,sono ancora una volta a chiedere una sua consulenza sulla moneta in allegato, provenienza Britannia, non sembra la solita doppia maiorina di Julian II, ha delle fattezze un pò grossolane, è autentica???? la moneta sembra bronzo, pesa 5,64gr diametro 23mm 6h non è attratta dalla calamita autorizzo alla pubblicazione di tutti i dati e foto inviati Grazie in anticipo. |
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Roma, 25.2.2016
Egregio
Lettore,di seguito riporto gli elementi significativi pertinenti alla moneta di figura: Æ21,
zecca di Antiochia, 361-363 d. C., RIC VIII
216 (pag. 532) Descrizione sommaria (sono indicate in rosso le
parti della leggenda usurate): La ricerca nel web di monete di tipologia simile a quella di figura ha prodotto i seguenti risultati:
Vengo alle conclusioni: la moneta in esame è più leggera e di diametro inferiore rispetto alle moneta autentiche del periodo, il bordo è privo della consueta perlinatura, la leggenda d'esergo è tagliata orizzontalmente a metà, sicché il segno di zecca indicato in nota (5) potrebbe essere errato risultando più verosimile che sia invece quello delle monete di cui ai link11 e link12 (CVZA). Inoltre la barba e i capelli del sovrano sembrano realizzati in modo approssimativo con il righello e il tipo del dritto di figura è stilisticamente più affine a quello delle repliche di cui ai link11 e 12 che non a quello delle monete autentiche di cui ai link1÷link10. Alla luce di quanto sopra ritengo probabile che anche la moneta in esame, sia una contraffazione del Lipanov (il noto falsario bulgaro di cui al link) e che la moneta sia stata limata ai bordi dopo la coniazione per mascherare il segno di zecca e opportunamente invecchiata per farla apparire autentica. Un saluto cordiale. ----------------------------------------
(2)DN FL CL IVLIANVS PF AVG (Dominvs Noster FLavivs CLaudivs IVLIANVS Pius Felix AVGvstvs). Flavio Claudio Giuliano, fu chiamato dai suoi contemporanei l'Apostata [dal greco ἀποστάτης, der. dal verbo ἀφίστημι «distaccarsi»] perché, battezzato ed educato nella fede cristiana, ad un certo punto della vita l'aveva rinnegata per il paganesimo. Non si può spiegare l'apostasia di Giuliano senza tornare indietro alle origini della sua famiglia. Il nonno di Giuliano, l'imperatore Costanzo Cloro, aveva avuto sei figli legittimi dalla moglie Teodora, tra questi Giulio Costanzo, padre di Giuliano, e Delmazio senior. Diversi anni prima del matrimonio però aveva avuto un figlio di nome Costantino da Elena, donna di umili origini con la quale aveva convissuto in regime di concubinato, come allora si usava quando le differenze di ceto sociale non consentivano l'unione legale. Alla morte di Costanzo Cloro, era stato Costantino, allora trentenne, ad assumere, per ragione di età e di esperienza (i figli di Teodora erano piccoli), l'eredità paterna; la famiglia di Teodora era vissuta così all'ombra di Costantino. Divenuto imperatore, Costantino aveva condiviso con i propri figli la responsabilità di governo, sicché Costantino jr. aveva avuto la Spagna, la Gallia e la Britannia, Costante l'Italia, l'Illiria e l'Africa e Costanzo le province asiatiche e l'Egitto, mentre Costantino aveva mantenuto per sè la penisola balcanica. Prima di morire, nel 337, Costantino si era ricordato nel testamento dei nipoti, Delmazio jr e Annibaliano, figli di Delmazio senior, fratellastro, come si è detto, di Costantino e ad essi aveva lasciato rispettivamente la penisola balcanica e il governo dell'Armenia e della costa del Ponto. Alla notizia della morte del padre, Costanzo si era precipitato a Costantinopoli dove aveva organizzato una rivolta contro zii e cugini discendenti di Teodora. Due fratellastri di Costantino, tra cui Delmazio senior e il padre di Giuliano e sette suoi nipoti, tra cui Delmazio jr. e Annibaliano, furono trucidati. A salvarsi dal massacro furono per caso Giuliano che all'epoca aveva sei anni e il fratello Gallo che ne aveva 12. Il crudele e sospettoso Costanzo aveva risparmiato loro la vita relegandoli in due diverse città dell'Asia Minore. I ragazzi furono posti sotto la guida di maestri cristiani che spiavano i loro minimi movimenti e in particolare sotto la supervisione di Eusebio, vescovo ariano di Nicomedia. Così Giuliano aveva ricevuto le prime lezioni di cristianesimo da coloro che considerava nemici mortali e la dottrina cristiana gli era stata presentata sotto l'aspetto più infelice di un'interminabile disputa tra ortodossi e ariani. A Giuliano il cristianesimo fu inculcato a forza ed egli, per un senso di istintiva difesa, fu costretto a mostrarsi convinto e fervente. Tuttavia, tra gli insegnanti che ebbe modo di frequentare, ne ebbe uno che lo introdusse di nascosto alla poesia e alla filosofia greca, poi, più tardi, seguì in gran segreto, all'insaputa dello zio, le lezioni di un famoso retore pagano, Libanio. Avvenne quindi in quegli anni la conversione al paganesimo (l'apostasia) e l'odio verso i cristiani: erano stati costoro che gli avevano ucciso il padre, loro che l'avevano tenuto per anni in esilio, loro che gli avevano negato la conoscenza del mondo classico. Giuliano abbracciò così il neoplatonismo che, rispetto al cristianesimo, presentava il vantaggio di rimanere nel campo dell'antica cultura e del vecchio politeismo. Poi venne anche per lui il momento di comandare. La svolta si ebbe poco dopo la morte del fratello Gallo; Costanzo, che pure l'odiava, non aveva eredi e quindi, dopo avergli conferito il titolo di Cesare, lo aveva inviato in Gallia a difendere il confine renano. Sul campo il filosofo si era rivelato un buon generale ed era riuscito a sopraffare gli Alemanni e più tardi i Franchi. Nel 359 si manifestò una crisi nei rapporti con Costanzo, quando il re persiano Sapore II aveva passato il Tigri e attaccato i territori romani. Costanzo, impegnato sul Danubio a contrastare i Quadi e i Dalmati, aveva ordinato a Giuliano di inviare dei reparti ausiliari ma questi aveva opposto un rifiuto perché in forza di un trattato concluso con i barbari che servivano nel suo esercito, si era impegnato a non utilizzarli fuori dalla Gallia. Ne seguì una rivolta terminata nel 360 con l'acclamazione di Giuliano ad Augusto. Nella disputa l'occidente si pose dalla parte di Giuliano, Costanzo non volle riconoscerlo e mosse contro di lui ma la morte lo colse all'improvviso e Giuliano fu riconosciuto Augusto da tutto l'impero. Con l'avvento al potere Giuliano cercò di ostacolare la diffusione del cristianesimo. Pur non abolendo l'editto di Milano del 313 con cui alla religione cristiana erano stati riconosciuti pari diritti con i culti pagani, esercitò un'azione di propaganda ideologica scrivendo, ad esempio, l'opera "contro i Cristiani" nella quale, valendosi della profonda conoscenza della letteratura cristiana, contrastò la dogmatica cristiana. Poi privò il clero cristiano dei privilegi concessi da Costantino in poi. Nel 362 emanò un editto con cui proibiva ai filosofi, grammatici e retori cristiani di insegnare nelle scuole. Successivamente, permettendo il rientro a Costantinopoli dei cristiano-ortodossi che erano stati esiliati da Costanzo (che era di fede ariana), ridette l'avvio ai dissensi tra le due componenti religiose. Infine pretese la restituzione agli antichi proprietari dei beni sequestrati per motivi religiosi con un editto da cui trassero vantaggio essenzialmente i templi pagani. Per contro cercò di creare un vero clero professionale e una gerarchia all'interno della religione pagana innovandone i contenuti attraverso l'inserimento di elementi tipici del cristianesimo, come la conduzione di una vita ineccepibile, l'astensione dalle frivolezze, la beneficenza. Il suo messaggio fu recepito da alcuni e respinto da altri che deridevano l'imperatore per la sua devozione e per la vita monastica che conduceva. La tragedia per Giuliano fu di dover constatare di persona che proprio Antiochia, la città che aveva eletta a sua capitale, si facesse gioco di lui indirizzandogli lazzi ed insulti, tanto che giurò di non farvi più ritorno. Ma ormai anche il destino di Giuliano stava per compiersi: partito con un potente esercito per combattere contro i Persiani, fallì nel tentativo di conquistarne le città più importanti e perì in battaglia il 26 giugno del 363. [Le notizie storiche sopra riportate sono liberamente tratte da Storia di Roma - S.I. Kovaliov]. (3)SECVRITAS REIPVBlicae (la sicurezza della Repubblica). Il tema della sicurezza dello stato è presente nella monetazione del quarto secolo sin dai tempi di Costantino I. La caratteristica peculiare delle monete di Giuliano è quella di associare la leggenda alla figura del toro. (4)Resta da spiegare il significato del tipo del "Toro". Nella sua invettiva contro gli abitanti di Antiochia, di cui si è fatto cenno in calce alla nota 1, Giuliano riferisce che essi lo beffeggiavano proprio per la simbologia di questa moneta, senza accennare per altro ad alcuna chiave di lettura. Nel corso del tempo la moneta è stata variamente interpretata; alcuni hanno suggerito che l'animale fosse il toro sacro Apis ritrovato alla fine del 362, altri un animale destinato al sacrificio, altri che si trattasse del segno zodiacale del sovrano, per altro non riportato da alcuna fonte, altri che volesse simboleggiare l'imperatore come guardiano del suo popolo. RIC VIII ritiene più fondata una delle due ultime ipotesi ma non sceglie tra le due. (5), il segno di zecca di incerta lettura in esergo, si compone, secondo la lettura che ne è stata data, di tre elementi, il nominativo di zecca ANT (=ANTiochia in Siria), l'officina monetale B (=2, la seconda di quattro attive nel periodo), le due palmette ad inizio e fine del testo (illeggibili nel rovescio di figura), segno caratteristico dell'emissione. |
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