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rev. il 15.5.2013
Elagabalo
e la Fortuna Redux |
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2.5.2004
Carissimo ti rispedisco l'e-mail
perché ho avuto un problema e non so se ti è
arrivata la stessa. La moneta di questa volta è
un denario con le seguenti caratteristiche:
peso: 3,2 g diametro: 19 cm non ferromagnetica diritto in asse con il rovescio Cordiali saluti. |
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Roma, 29.5.2004
Egregio Lettore, di seguito fornisco gli elementi che mi è stato possibile raccogliere sulla moneta di figura: Denario1, Zecca di Roma, 219-222 d. C., RIC IV/II 83A (pag. 34), BMC V 207 (pag. 561), indice di rarità: "c" D. IMP
ANTONINVS PIVS AVG2.
Testa di Elagabalo laureata a destra, busto
drappeggiato. Ho trovato nel web monete di tipologia simile a quella di figura di cui di seguito fornisco una selezione a titolo di confronto e per le indicazioni di valore:
Un saluto cordiale. ------------
(2) IMPerator ANTONINVS PIVS AVGvstvs. L'utilizzo di IMP (imperator) come praenomen è inteso ad enfatizzare il fondamento militare del potere di questo sovrano. Il titolo di "Pius", caratteristico di Antonino Pio, fu mutuato dai suoi successori che prendono perciò il nome di "Antonini". Elagabalo in particolare fu "Pivs" nelle ultime emissioni romane e "Pivs Felix" su alcune di quelle orientali. La particolare leggenda del dritto ascrive la moneta ad un periodo di emissione compreso tra il 220 e il 222 d.C., forse addirittura al 219, quando il sovrano si spostò a Roma dalla Siria. Interessante storia quella di Vario Avito Bassiano, detto Elagabalo (o Eliogabalo) dal nome del dio Elagabal (o El_Gabal) di cui era sacerdote. Dovette la sua ascesa alla nonna materna, Giulia Mesa, sorella dell'imperatrice Giulia Domna, moglie dell'imperatore Settimio Severo, della cui vita si è accennato in altra pagina di questo sito (cliccare qui). Si ricorderà che Giulia Domna, dopo l'assassinio del figlio Caracalla ad opera del prefetto pretorio Marco Opellio Macrino, era stata esiliata con tutta la famiglia ad Emesa, sua città natale e, non sopportando la nuova condizione, si era lasciata morire di fame. Dopo la morte di Caracalla, Macrino era stato immediatamente elevato al soglio imperiale ma non aveva saputo soddisfare le aspettative di chi l'aveva appoggiato nell'ascesa, in primo luogo l'esercito. Una sfortunata campagna militare contro i Parti, seguita da una pace comprata a peso d'oro, creò presto un clima di sedizione di cui approfittò Giulia Mesa la quale, vantando dalla sua parte la tradizione di prodigalità dei Severi e di Caracalla e valendosi delle sue immense ricchezze, complottò con gli ambienti militari convincendoli ad appoggiare l'elevazione del nipote Vario Avito Bassiano. Bassiano divenne imperatore assumendo il nome di Marco Aurelio Antonino che era stato anche quello di Caracalla e quello di Commodo prima di lui. Macrino fu sconfitto sotto Antiochia, poi catturato e ucciso mentre fuggiva in occidente. Lasciata Emesa, Elagabalo non abbandonò i doveri sacerdotali. Il senato fu costretto ad accogliere nel pantheon romano «l'invitto dio sole Elagabalo», di cui sommo sacerdote era lo stesso imperatore. Al nuovo dio fu elevato un tempio vicino al palazzo imperiale sul Palatino, dove fu trasferito l'altare della dea Vesta insieme ad altre reliquie sacre dello Stato romano. Questo fatto dimostra non solo la stravaganza dell'imperatore, ma anche la servilità del senato; esso svela pure che in Italia e nelle regioni orientali dell'Impero si erano diffuse in quell'epoca varie credenze e culti orientali che avevano creato una variegata mescolanza religiosa. Questo sincretismo religioso creò la base sulla quale proprio a quel tempo cominciò rapidamente a diffondersi il cristianesimo. Tuttavia la svolta decisiva di apertura verso l'Oriente non poté non determinare la protesta di vasti circoli sociali. L'opposizione alla politica orientale di Elagabalo fu rafforzata dal malcontento determinato dalla condotta del giovane imperatore e della cricca di corte. È vero che, al riguardo, a Roma non rimaneva molto di che meravigliarsi, ma ciò che succedeva alla corte di Elagabalo superava qualsiasi misura di impudenza. Nonostante la giovane età, l'imperatore era estremamente corrotto. Egli era un pervertito sessuale; le scene di dissolutezza che si svolgevano sul Palatino superavano di gran lunga le orge di Caligola, Nerone e Commodo. Le persone più vicine all'imperatore, la madre Semia, il favorito Ierocle, il prefetto di Roma Fulvio, il ministro delle finanze Eubulo e altri dissipavano apertamente il denaro dello Stato e si permettevano inauditi abusi. La nonna di Elagabalo, Giulia Mesa, che all'inizio dirigeva tutti gli affari di Stato, comprese presto che la sua « creatura » era assolutamente incorreggibile e che non solo sarebbe stata incapace di consolidare la dinastia, ma al contrario l'avrebbe inevitabilmente rovinata. Perciò ella convinse Elagabalo ad adottare il cugino Alessandro, figlio di Mamea (la più giovane delle figlie di Giulia Mesa), e a proclamarlo Cesare. Subito dopo Elagabalo, allora diciottenne, insieme a sua madre Giulia Semia e a tutta la loro cricca (inizio del 222) furono uccisi dai pretoriani. Gli elementi biografici sul regno di Elagabalo sono stati tratti dal Kovaliov. (3) FORTVNAE REDVCI. La dedica è alla Fortuna che è "redux" in quanto procura il ritorno e protegge il sovrano durante i suoi spostamenti. |
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