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rev. il 19.5.2006
Giuliano II l'Apostata e la Sicurezza della Repubblica
12.6.2003
Caro sig. Giulio,
le invio la mia moneta sperando lei possa dirmi a che epoca essa appartiene e quindi di che moneta si tratta. La foto riproduce fedelmete il colore e la fattezza della moneta in questione. il suo diametro e' 2,9 cm e il suo spessore circa 1,8 mm.
In attesa di una sua risposta cordialmente la ringrazio e saluto.
L.
fig. 1
Roma, 10.9.2003
Gentile Lettrice,
di seguito  le fornisco gli elementi da me raccolti riguardanti la sua moneta: 

D. Busto di Giuliano II 1 drappeggiato e corazzato, corona di perle sulla testa volta a destra. DN FL CL IVLI ANVS PF AVG2
R. Toro con la testa di fronte, in piedi a destra, al di sopra due stelle. SECVRITAS REIPVB3 in alto lungo il bordo. NIKA4 in esergo.

La riforma di Giuliano in campo monetario prevedeva due nuovi nominali, in rapporto reciproco di c. 1:10 per quanto riguarda il contenuto in argento5,

  1. un Æ 1 6 di biglione (lega di argento e rame) di  8,25 g., così costituito:

  2. rovescio: SECVRITAS REI PVB. Toro, con al di sopra due stelle;
    dritto:    lunga leggenda, busto normale;
  3. un Æ 3 di bronzo di 2,95 g., così costituito:

  4. rovescio: VOT X MVLT XX all'interno di una corona;
    dritto:     lunga leggenda, testa volta a sinistra, busto armato ed elmato.
La sua moneta, del diametro di 29 mm, apparteneva dunque al primo gruppo e fu coniata  tra il 3 Novembre 361 e il 26 Giugno 363 in tre varianti:
  1. la prima, classificata RIC 120, piuttosto comune, reca in esergo il segno della zecca di Nicomedia, NIKA (o  NIKB o NIKG, a seconda dell'officina monetale);
  2. la seconda, un po' meno comune, fa precedere e seguire il segno di zecca da un rametto obliquo; si veda in proposito il campione prodotto dall'officina "B" di Nicomedia visionabile nel sito seguente,

  3. http://www.vcoins.com/harlanjberk/store/viewItem.asp?idProduct=532&large=0;
  4. la terza, simile alla precedente quanto a tipologia e rarità, antepone un globetto al rametto posto a destra del segno di zecca; si veda in proposito la moneta, dell'officina "G "di Nicomedia, reperibile nel sito internet: 

  5. http://www.wildwinds.com/coins/ric/julian_II/_nicomedia_RIC_122.jpg
L'immagine fotografica che lei mi ha inviato non è purtroppo sufficientemente dettagliata da consentirmi di individuare la variante; potrà farlo lei stessa utilizzando le informazioni che sopra le ho fornito.

Resta da spiegare il significato di questo tipo del "Toro". Nella sua invettiva contro gli abitanti di Antiochia di cui si è fatto cenno in calce alla nota 1 Giuliano riferisce che essi lo beffeggiavano proprio per la tipologia di questa moneta, senza accennare tuttavia ad alcuna chiave di lettura. Nel corso del  tempo la moneta è stata variamente interpretata, alcuni hanno suggerito che il toro fosse il toro sacro Apis ritrovato alla fine del 362, altri un animale destinato al sacrificio, altri che si trattasse del segno zodiacale del sovrano, per altro non riportato da alcuna fonte, altri che si volesse simboleggiare l'imperatore come guardiano del suo popolo. RIC ritiene più fondata una delle due ultime ipotesi ma non sceglie tra le due.

Un saluto cordiale.
Giulio De Florio

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Note:
(1)Flavio Claudio Giuliano, fu chiamato dai suoi contemporanei l'Apostata, dal greco  (der. dal verbo  «distaccarsi»), perché, battezzato ed educato alla fede cristiana, ad un certo punto della vita l'aveva rinnegata per il paganesimo. Non si può spiegare l'apostasia di Giuliano senza tornare indietro alle origini della sua famiglia. Il nonno di Giuliano, l'imperatore Costanzo Cloro, aveva avuto sei figli legittimi dalla moglie Teodora, tra questi Giulio Costanzo, padre di Giuliano, e Delmazio senior. Diversi anni prima del matrimonio, però, aveva avuto un figlio di nome Costantino da Elena, una donna di umili origini con la quale aveva convissuto in regime di concubinato, come allora si usava quando le differenze di ceto sociale non consentivano l'unione legale. Alla morte di Costanzo Cloro, fu Costantino, allora trentenne, ad assumere, per ragione di età e di esperienza (i figli di Teodora erano piccoli), l'eredità paterna; la famiglia di Teodora visse così all'ombra di Costantino. Divenuto imperatore, Costantino condivise con i propri figli la responsabilità di governo, sicché Costantino jr. ebbe la Spagna, la Gallia e la Britannia, Costante l'Italia, l'Illiria e l'Africa e Costanzo le province asiatiche e l'Egitto, mentre Costantino mantenne per sè la penisola balcanica. Prima di morire, nel 337, Costantino si ricordò nel testamento dei nipoti, Delmazio jr e Annibaliano, figli di Delmazio senior, fratellastro, come si è detto, di Costantino e ad essi lasciò rispettivamente la penisola balcanica e il governo dell'Armenia e della costa del Ponto. Ciò fu causa della loro disgrazia: alla notizia della morte del padre, Costanzo si precipitò a Costantinopoli dove organizzò una rivolta contro gli zii e cugini discendenti di Teodora. Due fratellastri di Costantino, tra cui Delmazio senior e il padre di Giuliano e sette suoi nipoti, tra cui Delmazio jr. e Annibaliano, furono trucidati. Per caso si salvarono dal massacro Giuliano che all'epoca aveva sei anni e il fratello Gallo che ne aveva 12. Il crudele e sospettoso Costanzo risparmiò loro la vita ma li relegò in due diverse città dell'Asia Minore. I ragazzi furono posti sotto la guida di maestri cristiani, che spiavano i loro minimi movimenti e sotto la supervisione di Eusebio, vescovo ariano di Nicomedia. Così Giuliano ricevette le prime lezioni di cristianesimo da coloro che considerava nemici mortali e la dottrina cristiana gli fu presentata sotto l'aspetto più infelice di un'interminabile disputa tra ortodossi e ariani. A Giuliano il cristianesimo fu inculcato a forza ed egli, per un senso di istintiva difesa, fu costretto a mostrarsi convinto e fervente. Tuttavia, tra gli insegnanti che ebbe modo di frequentare, ne conobbe uno che lo introdusse di nascosto alla poesia e alla filosofia greca, poi, più tardi, seguì in gran segreto, all'insaputa dello zio, le lezioni di un famoso retore pagano, Libanio. Avvenne quindi in quegli anni la conversione al paganesimo e l'odio verso i cristiani: erano stati costoro che gli avevano ucciso il padre, loro che l'avevano tenuto per anni in esilio, loro che gli avevano negato la conoscenza del mondo classico. Giuliano abbracciò così il neoplatonismo che, rispetto al cristianesimo, presentava il vantaggio di rimanere nel campo dell'antica cultura e del vecchio politeismo. Poi venne anche per lui il momento di comandare. La svolta si ebbe poco dopo la morte del fratello Gallo; Costanzo, che pure l'odiava, non aveva eredi e quindi, dopo avergli conferito il titolo di Cesare, lo inviò in Gallia a difendere il confine renano. Sul campo il filosofo si rivelò buon generale riuscendo a sopraffare gli Alemanni e più tardi i Franchi. La crisi con Costanzo intervenne nel 359, quando il re persiano Sapore II passò il Tigri e attaccò i territori romani. Costanzo, impegnato sul Danubio a contrastare i Quadi e i Dalmati, ordinò a Giuliano di inviare dei reparti ausiliari ma questi oppose un rifiuto perché in forza di un trattato concluso con i barbari che servivano nel suo esercito, si era impegnato a non utilizzarli fuori dalla Gallia. Scoppiò così una rivolta che terminò nel 360 con l'acclamazione di Giuliano ad Augusto (Febbraio del 360). L'occidente fu dalla sua parte, Costanzo non volle riconoscerlo e mosse contro di lui ma la morte lo colse all'improvviso il 3 novembre del 361) e Giuliano fu riconosciuto Augusto da tutto l'impero. Con l'avvento al potere Giuliano cercò di ostacolare la diffusione del cristianesimo. Pur non abolendo l'editto di Milano del 313 con cui alla religione cristiana erano stati riconosciuti pari diritti con i culti pagani, esercitò un'azione di propaganda ideologica scrivendo, ad esempio, l'opera "contro i Cristiani" nella quale, valendosi della profonda conoscenza della letteratura cristiana, contrastò la dogmatica cristiana. Poi privò il clero cristiano dei privilegi che gli erano stati concessi dai sovrani precedenti, da Costantino in poi. Nel 362 emanò un editto con cui proibiva ai filosofi, grammatici e retori cristiani di insegnare nelle scuole. Successivamente, permettendo il rientro a Costantinopoli dei cristiano-ortodossi che erano stati esiliati da Costanzo (che era di fede ariana), ridette l'avvio ai dissensi tra le due componenti religiose. Infine pretese la restituzione agli antichi proprietari dei beni loro sequestrati per motivi religiosi con un editto da cui trassero vantaggio essenzialmente i templi pagani. Per contro cercò di creare un vero clero professionale e una gerarchia all'interno della religione pagana e di innovarne i contenuti con elementi tipici del cristianesimo, come la conduzione di una vita ineccepibile, l'astensione dalle frivolezze, la beneficenza. Il suo messaggio fu recepito da alcuni e respinto da altri che deridevano l'imperatore per la sua devozione e per la vita monastica. La tragedia per Giuliano fu quella di dover constatare di persona che proprio Antiochia, la città che aveva eletta a sua capitale, si facesse gioco di lui con lazzi ed insulti, tanto che giurò di non farvi più ritorno. Ma ormai anche il destino di Giuliano stava per compiersi: partito con un potente esercito per combattere contro i Persiani, fallì nel tentativo di conquistarne le città più importanti e perì in battaglia il 26 giugno del 363 durante un improvviso attacco. [Le notizie storiche sopra riportate sono liberamente tratte da Storia di Roma - S.I. Kovaliov].
(2)Dominvs Noster FLavivs CLaudivs IVLIANVS Pius Felix AVGvstvs
(3)SECVRITAS REIPVBlicae.
(4)NIKA è il segno di zecca, ove "NIK" sta per Nicomedia, il nome della città nella quale la moneta fu coniata, "A" è il contrassegno dell'officina monetale (le altre due officine di Nicomedia avevano, come contrassegno le lettere " B " e " G "). Ad ogni modo questa tipologia moneta fu coniata, non solo da Nicomedia, ma da tutte le zecche dell'impero (con l'eccezione di Treviri, Roma e Alessandria), ciascuna ovviamente apponendo in esergo il proprio marchio di zecca. Si consulti in proposito il motore di ricerca http://www.wildwinds.com/coins/findstr.html alla voce "SECVRITAS" o, sotto la stessa voce: http://www.vcoins.com/search.asp
(5)Si parla comunque di percentuali molto basse di argento che, per la moneta più grande, oscillavano tra 1,44% e il 2,9%, a seconda del metodo utilizzato in epoca moderna per effettuare la misura.
(6)Sul significato di Æ.. mi rifaccio a quanto riportato da Dougsmith nel suo sito di numismatica, http://dougsmith.ancients.info/denom.html. In breve, con Æ 1,  Æ 2, Æ 3, Æ 4 si indicano monete in bronzo/biglione, di epoca successiva alla riforma di Diocleziano e diametro, rispettivamente, AE1 = superiore a 25mm (Valentinian I); AE2 = tra 21 e 25mm (Honorius); AE3 = tra 17 e 21mm (Arcadius); AE4 =  inferiore a 17mm (Theodosius I). Per le monete che si collocano a cavallo delle linee di confine di 2 gruppi, si sogliono indicare i gruppi separati da una barra, per esempio a cavallo dei 17mm, si usa 'AE3/4'.

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