Roma, 10.9.2003
Gentile
Lettrice,
di
seguito le fornisco gli elementi da me
raccolti riguardanti la sua moneta:
D. Busto
di Giuliano II 1 drappeggiato e corazzato, corona di
perle sulla testa volta a destra. DN FL CL IVLI
ANVS PF AVG2
R. Toro
con la testa di fronte, in piedi a destra, al di
sopra due stelle. SECVRITAS REIPVB3 in alto lungo il bordo. NIKA4 in esergo.
La
riforma di Giuliano in campo monetario prevedeva
due nuovi nominali, in rapporto reciproco di c.
1:10 per quanto riguarda il contenuto in argento5,
- un Æ
1 6 di biglione (lega di argento e rame)
di 8,25 g., così costituito:
rovescio:
SECVRITAS REI PVB. Toro, con al di sopra due
stelle;
dritto:
lunga
leggenda,
busto
normale;
- un Æ 3
di bronzo di 2,95 g., così costituito:
rovescio:
VOT X MVLT XX all'interno di una corona;
dritto:
lunga
leggenda,
testa
volta a sinistra, busto armato ed elmato.
La sua
moneta, del diametro di 29 mm, apparteneva dunque al
primo gruppo e fu coniata tra il 3 Novembre
361 e il 26 Giugno 363 in tre varianti:
- la
prima, classificata RIC
120, piuttosto comune, reca in esergo il segno
della zecca di Nicomedia, NIKA (o NIKB
o NIKG, a seconda dell'officina
monetale);
- la
seconda, un po' meno comune, fa precedere e
seguire il segno di zecca da un rametto obliquo;
si veda in proposito il campione prodotto
dall'officina "B" di Nicomedia visionabile nel
sito seguente,
http://www.vcoins.com/harlanjberk/store/viewItem.asp?idProduct=532&large=0;
- la
terza, simile alla precedente quanto a tipologia
e rarità, antepone un globetto al rametto posto
a destra del segno di zecca; si veda in
proposito la moneta, dell'officina "G "di Nicomedia, reperibile nel sito
internet:
http://www.wildwinds.com/coins/ric/julian_II/_nicomedia_RIC_122.jpg
L'immagine
fotografica che lei mi ha inviato non è purtroppo
sufficientemente dettagliata da consentirmi di
individuare la variante; potrà farlo lei stessa
utilizzando le informazioni che sopra le ho fornito.
Resta da
spiegare il significato di questo tipo del "Toro".
Nella sua invettiva contro gli abitanti di
Antiochia di cui si è fatto cenno in calce alla nota 1 Giuliano
riferisce che essi lo beffeggiavano proprio per la
tipologia di questa moneta, senza accennare
tuttavia ad alcuna chiave di lettura. Nel corso
del tempo la moneta è stata variamente
interpretata, alcuni hanno suggerito che il toro
fosse il toro sacro Apis ritrovato alla fine del
362, altri un animale destinato al sacrificio,
altri che si trattasse del segno zodiacale del
sovrano, per altro non riportato da alcuna fonte,
altri che si volesse simboleggiare l'imperatore
come guardiano del suo popolo. RIC ritiene più
fondata una delle due ultime ipotesi ma non
sceglie tra le due.
Un saluto
cordiale.
Giulio De
Florio
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Note:
(1)Flavio Claudio Giuliano, fu
chiamato dai suoi contemporanei l'Apostata, dal
greco (der. dal
verbo «distaccarsi»),
perché, battezzato ed educato alla fede cristiana,
ad un certo punto della vita l'aveva rinnegata per
il paganesimo. Non si può spiegare l'apostasia di
Giuliano senza tornare indietro alle origini della
sua famiglia. Il nonno di Giuliano, l'imperatore
Costanzo Cloro, aveva avuto sei figli legittimi
dalla moglie Teodora, tra questi Giulio Costanzo,
padre di Giuliano, e Delmazio senior. Diversi anni
prima del matrimonio, però, aveva avuto un figlio di
nome Costantino da Elena, una donna di umili origini
con la quale aveva convissuto in regime di
concubinato, come allora si usava quando le
differenze di ceto sociale non consentivano l'unione
legale. Alla morte di Costanzo Cloro, fu Costantino,
allora trentenne, ad assumere, per ragione di età e
di esperienza (i figli di Teodora erano piccoli),
l'eredità paterna; la famiglia di Teodora visse così
all'ombra di Costantino. Divenuto imperatore,
Costantino condivise con i propri figli la
responsabilità di governo, sicché Costantino jr.
ebbe la Spagna, la Gallia e la Britannia, Costante
l'Italia, l'Illiria e l'Africa e Costanzo le
province asiatiche e l'Egitto, mentre Costantino
mantenne per sè la penisola balcanica. Prima di
morire, nel 337, Costantino si ricordò nel
testamento dei nipoti, Delmazio jr e Annibaliano,
figli di Delmazio senior, fratellastro, come si è
detto, di Costantino e ad essi lasciò
rispettivamente la penisola balcanica e il governo
dell'Armenia e della costa del Ponto. Ciò fu causa
della loro disgrazia: alla notizia della morte del
padre, Costanzo si precipitò a Costantinopoli dove
organizzò una rivolta contro gli zii e cugini
discendenti di Teodora. Due fratellastri di
Costantino, tra cui Delmazio senior e il padre di
Giuliano e sette suoi nipoti, tra cui Delmazio jr. e
Annibaliano, furono trucidati. Per caso si salvarono
dal massacro Giuliano che all'epoca aveva sei anni e
il fratello Gallo che ne aveva 12. Il crudele e
sospettoso Costanzo risparmiò loro la vita ma li
relegò in due diverse città dell'Asia Minore. I
ragazzi furono posti sotto la guida di maestri
cristiani, che spiavano i loro minimi movimenti e
sotto la supervisione di Eusebio, vescovo ariano di
Nicomedia. Così Giuliano ricevette le prime lezioni
di cristianesimo da coloro che considerava nemici
mortali e la dottrina cristiana gli fu presentata
sotto l'aspetto più infelice di un'interminabile
disputa tra ortodossi e ariani. A Giuliano il
cristianesimo fu inculcato a forza ed egli, per un
senso di istintiva difesa, fu costretto a mostrarsi
convinto e fervente. Tuttavia, tra gli insegnanti
che ebbe modo di frequentare, ne conobbe uno che lo
introdusse di nascosto alla poesia e alla filosofia
greca, poi, più tardi, seguì in gran segreto,
all'insaputa dello zio, le lezioni di un famoso
retore pagano, Libanio. Avvenne quindi in quegli
anni la conversione al paganesimo e l'odio verso i
cristiani: erano stati costoro che gli avevano
ucciso il padre, loro che l'avevano tenuto per anni
in esilio, loro che gli avevano negato la conoscenza
del mondo classico. Giuliano abbracciò così il
neoplatonismo che, rispetto al cristianesimo,
presentava il vantaggio di rimanere nel campo
dell'antica cultura e del vecchio politeismo. Poi
venne anche per lui il momento di comandare. La
svolta si ebbe poco dopo la morte del fratello
Gallo; Costanzo, che pure l'odiava, non aveva eredi
e quindi, dopo avergli conferito il titolo di
Cesare, lo inviò in Gallia a difendere il confine
renano. Sul campo il filosofo si rivelò buon
generale riuscendo a sopraffare gli Alemanni e più
tardi i Franchi. La crisi con Costanzo intervenne
nel 359, quando il re persiano Sapore II passò il
Tigri e attaccò i territori romani. Costanzo,
impegnato sul Danubio a contrastare i Quadi e i
Dalmati, ordinò a Giuliano di inviare dei reparti
ausiliari ma questi oppose un rifiuto perché in
forza di un trattato concluso con i barbari che
servivano nel suo esercito, si era impegnato a non
utilizzarli fuori dalla Gallia. Scoppiò così una
rivolta che terminò nel 360 con l'acclamazione di
Giuliano ad Augusto (Febbraio del 360). L'occidente
fu dalla sua parte, Costanzo non volle riconoscerlo
e mosse contro di lui ma la morte lo colse
all'improvviso il 3 novembre del 361) e Giuliano fu
riconosciuto Augusto da tutto l'impero. Con
l'avvento al potere Giuliano cercò di ostacolare la
diffusione del cristianesimo. Pur non abolendo
l'editto di Milano del 313 con cui alla religione
cristiana erano stati riconosciuti pari diritti con
i culti pagani, esercitò un'azione di propaganda
ideologica scrivendo, ad esempio, l'opera "contro i
Cristiani" nella quale, valendosi della profonda
conoscenza della letteratura cristiana, contrastò la
dogmatica cristiana. Poi privò il clero cristiano
dei privilegi che gli erano stati concessi dai
sovrani precedenti, da Costantino in poi. Nel 362
emanò un editto con cui proibiva ai filosofi,
grammatici e retori cristiani di insegnare nelle
scuole. Successivamente, permettendo il rientro a
Costantinopoli dei cristiano-ortodossi che erano
stati esiliati da Costanzo (che era di fede ariana),
ridette l'avvio ai dissensi tra le due componenti
religiose. Infine pretese la restituzione agli
antichi proprietari dei beni loro sequestrati per
motivi religiosi con un editto da cui trassero
vantaggio essenzialmente i templi pagani. Per contro
cercò di creare un vero clero professionale e una
gerarchia all'interno della religione pagana e di
innovarne i contenuti con elementi tipici del
cristianesimo, come la conduzione di una vita
ineccepibile, l'astensione dalle frivolezze, la
beneficenza. Il suo messaggio fu recepito da alcuni
e respinto da altri che deridevano l'imperatore per
la sua devozione e per la vita monastica. La tragedia per Giuliano fu
quella di dover constatare di persona che proprio
Antiochia, la città che aveva eletta a sua capitale,
si facesse gioco di lui con lazzi ed insulti, tanto
che giurò di non farvi più ritorno. Ma ormai anche
il destino di Giuliano stava per compiersi: partito
con un potente esercito per combattere contro i
Persiani, fallì nel tentativo di conquistarne le
città più importanti e perì in battaglia il 26
giugno del 363 durante un improvviso attacco. [Le
notizie storiche sopra riportate sono liberamente
tratte da Storia di Roma - S.I. Kovaliov].
(2)Dominvs Noster FLavivs CLaudivs
IVLIANVS Pius Felix AVGvstvs
(3)SECVRITAS
REIPVBlicae.
(4)NIKA è il segno di zecca, ove
"NIK" sta per Nicomedia, il nome della città nella
quale la moneta fu coniata, "A" è il contrassegno
dell'officina monetale (le altre due officine di
Nicomedia avevano, come contrassegno le lettere " B
" e " G "). Ad ogni modo questa
tipologia moneta fu coniata, non solo da Nicomedia,
ma da tutte le zecche dell'impero (con l'eccezione
di Treviri, Roma e Alessandria), ciascuna ovviamente
apponendo in esergo il proprio marchio di zecca. Si
consulti in proposito il motore di ricerca http://www.wildwinds.com/coins/findstr.html
alla voce "SECVRITAS" o, sotto la stessa voce: http://www.vcoins.com/search.asp
(5)Si parla
comunque di percentuali molto basse di argento
che, per la moneta più grande, oscillavano tra
1,44% e il 2,9%, a seconda del metodo utilizzato
in epoca moderna per effettuare la misura.
(6)Sul significato di Æ.. mi
rifaccio a quanto riportato da Dougsmith nel suo
sito di numismatica, http://dougsmith.ancients.info/denom.html.
In breve, con Æ 1, Æ 2, Æ 3, Æ 4 si indicano
monete in bronzo/biglione, di epoca successiva alla
riforma di Diocleziano e diametro, rispettivamente,
AE1 = superiore a 25mm (Valentinian I); AE2 = tra 21
e 25mm (Honorius); AE3 = tra 17 e 21mm (Arcadius);
AE4 = inferiore a 17mm (Theodosius I). Per le
monete che si collocano a cavallo delle linee di
confine di 2 gruppi, si sogliono indicare i gruppi
separati da una barra, per esempio a cavallo dei
17mm, si usa 'AE3/4'.
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