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Volusiano e i Voti decennali | ||||||||||||||||||||
7.8.2008
Salve,
vorrei avere una consulenza per questa moneta che ho
trovato in una busta di mio nonno insieme ad altre
varie monete di un 200 anni fa. Mi chiedevo dunque
se fosse autentica o un falso e volevo avere qualche
info in proposito, nel primo caso :)
Seguo il format da lei fornito per darle più informazioni: Peso della moneta: 16.89 grammi. Diametro max: 27mm Colore: Bronzeo Asse di conio: ore 0 (come 1 euro) Tipologia lega metallica: Bronzo Presenza materiale ferromagnetico: Non attratta URL: http://www.forumancientcoins.com/monetaromana/ Autorizzo ogni mio dato fornito comprese le foto. Grazie mille |
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Roma, 10.8.2008
Egregio
Lettore, trascrivo di seguito i dati pertinenti alla sua moneta: Sesterzio1, zecca di Roma, 11/251÷05/253 d. C., RIC IV/III 264 (pag. 189), Cohen V 140 (pag. 280), indice di rarità "R" Descrizione
sommaria (sono indicate in rosso le parti della
leggenda usurate o comunque non più leggibili):
La ricerca nel web di monete di pari tipologia ha prodotto i seguenti risultati:
Un saluto
cordiale. ------------------------------- Note: (1) Traggo dai link sopra citati le caratteristiche fisiche dei sesterzi della tipologia di figura battuti dalla zecca di Roma che raccolgo di seguito in tabella:
(2) IMPeratori CAEsari Caio VIBio VOLVSIANO AVGusto. All'Imperatore Cesare Caio Vibio Volusiano Augusto. Caio Vibio Volusiano fu nominato Cesare e designato Principe della Gioventù dal padre Treboniano Gallo al momento dell'ascesa di costui al soglio imperiale, nel 251 d.C. L'anno successivo il padre lo volle accanto a sé con il titolo di Augusto. Volusiano seguì così le fortune paterne e con lui fu ucciso nel 254. Traggo dal manuale di" Storia di Roma" del Kovaliov le informazioni relative al periodo storico in esame: "Nel 251 d.C., i Goti, sotto la guida del loro capo Cniva, avevano di nuovo passato il Danubio inferiore e invaso la Mesia. Il primo ad opporre loro resistenza era stato il legato della provincia Caio Treboniano Gallo sotto le mura della città di Novi, situata sul Danubio. Però l'enorme massa di Goti, forte di circa 70,000 uomini, era avanzata come una valanga e si era fermata sotto le mura di Nicopoli, posta fra il Danubio e i monti balcanici. Attraverso i passaggi montani i barbari erano riusciti a penetrare nella fertile Tracia. Il governatore della provincia, Lucio Prisco, aveva riunito grandi forze nella fortezza di Filippopoli. Era necessario resistere fino all'arrivo di Decio che a marce forzate veniva dall'Occidente. Intanto in tutte le località circostanti si elevavano sinistre le fiamme degli incendi... Infine Decio arrivò. I Goti attaccarono di sorpresa l'esercito romano stanco e lo dispersero. Prisco, con il pretesto della supposta morte di Decio, condusse trattative segrete con i Goti promettendo loro di consegnare la città se essi lo avessero riconosciuto imperatore. L'accordo fu concluso, Filippopoli fu spietatamente saccheggiata (si dice che in quel frangente perissero 100.000 abitanti), ma Prisco non riuscì a diventare imperatore. Decio era vivo e stava raccogliendo sul Danubio un nuovo esercito. Egli intendeva attaccare i Goti quando questi, carichi di bottino, si fossero messi sulla via del ritorno. La battaglia decisiva ebbe luogo a nord di Nicopoli (Abrittus, giugno del 251). In uno dei primi scontri cadde Erennio Etrusco, uno dei figli di Decio. I Goti si schierarono su tre linee, disponendo la terza dietro uno stagno. Le truppe romane riuscirono a rompere le prime due linee ma, nel tentativo di forzare la terza, Decio morì e non si riuscì neppure a ritrovarne il cadavere (251). Nell'esercito si sparse la voce che colpevole della morte di Decio fosse Treboniano Gallo, il quale si sarebbe preventivamente accordato coi Goti e avrebbe attirato l'imperatore verso lo stagno indicandogli una falsa via. Quale sia la verità noi non sappiamo; comunque, in quel frangente, fra i comandanti romani Gallo era il più meritevole e il più vicino al defunto imperatore. Nessuna meraviglia quindi se l'esercito lo acclamò subito imperatore. Gallo elesse conregnanti (v. nota più avanti) il proprio figlio Volusiano e il superstite figlio di Decio, Ostiliano (quest'ultimo d'altra parte morì presto, colpito dalla pestilenza). Volusiano concluse con i Goti una pace non troppo onorevole, permettendo loro di andarsene con il bottino e impegnandosi a pagare ogni anno una specie di stipendio. Due anni dopo i Goti passarono di nuovo il Danubio. Il governatore della Mesia inferiore, Marco Emilio Emiliano, inferse loro una dura sconfitta e per questa ragione fu acclamato imperatore dai suoi soldati. Gallo non seppe organizzare la difesa dell'Italia. Le truppe di Emiliano marciarono quasi fino a Roma senza incontrare ostacoli. Solo vicino alla capitale Gallo e Volusiano tentarono una resistenza ma furono sconfitti e morirono entrambi ad Interamnia (Terni) nel 253." Il RIC sostiene, rispetto al Kovaliov, una tesi un po' diversa e accenna a rapporti non conflittuali tra Gallo e la famiglia di Decio; infatti, dopo la morte di Decio, Gallo e Ostiliano si accordarono per regnare insieme mentre Volusiano ebbe solo il titolo di Cesare (sorta di principe ereditario), titolo che mantenne sino alla morte di Ostiliano; solo a quel punto Volusiano affiancò il padre al potere con il titolo di Augusto. (3) VOTIS DECENNALIBVS SC. In occasione dei voti (in questo caso Vota Suscepta), il sovrano offriva agli dei un sacrificio in cambio della benevolenza divina per i prossimi dieci anni. La celebrazione rappresentava un evento economicamente significativo per i collaboratori del principe che ricevevano delle regalie mentre era prevista, a beneficio del popolo, l'organizzazione di giochi. La sigla SC (per decreto del Senato) accompagnava tutte le monete romane in bronzo e stava ad indicare la competenza di quella istituzione nelle emissioni monetarie in metallo non pregiato (per le quali ultime era invece competente l'imperatore). |
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