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Massenzio difensore della sua città | ||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
26.5.2011
Buongiorno
Sig. De Florio,La interpello nuovamente per una moneta. La reazione alla calamita è negativa. |
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Roma, 28.5.2011
Egregio
Lettore, riporto di seguito i dati significativi pertinenti alla sua moneta: Follis1, zecca di Ticinum, RIC VI 106 (pag. 295), maggio 308-309/310 d. C., indice di rarità "S" Descrizione
(sono indicate in rosso le parti della leggenda
usurate e non più leggibili):
Un saluto cordiale. ------------------------------- Note: (1) Traggo dai link di cui sopra e dal sito dell'ANS (American Numismatic Society) le caratteristiche fisiche dei follis della tipologia di figura battuti dalla zecca di Ticinum:
(2) IMPerator MAXENTIVS Pius Felix AVGustus. Marco Aurelio Valerio MASSENZIO era nato attorno al 278 d. C. da Marco Valerio Massimiano (detto Massimiano Erculio) e dalla siriana Eutropia. Il 1° marzo del 293, DIOCLEZIANO, Augusto d'Oriente e Massimiano Erculio, Augusto d'Occidente, secondo nella gerarchia dell'impero, scelsero, come propri successori, conferendo loro il titolo di Cesare, rispettivamente, Caio GALERIO Valerio Massimiano e Caio Flavio Valerio COSTANZO (o Costanzo) Cloro, quest'ultimo gerarchicamente più anziano del primo. Si costituì così la prima Tetrarchia formata da due Augusti e da due Cesari, un sistema di governo che Diocleziano aveva fortemente voluto nell'intento, tra l'altro, di evitare le successioni ereditarie, preferendo ad esse quelle basate sul merito e sulle capacità personali dei prescelti (in altra pagina di questo sito le ragioni fondanti della tetrarchia vengono trattate in modo più estensivo - cliccare qui). Il sistema di successione così escogitato voleva che, dopo vent'anni di regno, gli Augusti rassegnassero il mandato in favore dei Cesari prescelti i quali, divenuti Augusti, avrebbero a loro volta nominato i propri successori tra gli uomini di rispettiva fiducia. Fu così che il 1 maggio del 305 DIOCLEZIANO, giunto al ventesimo anno di governo, si ritirò dalla vita pubblica, e altrettanto pretese da Massimiano Erculio. Con l'uscita di scena, i due dimissionari assunsero il titolo puramente onorifico di "Seniores Augusti, felicissimi et beatissimi", mentre GALERIO e Costanzo furono elevati al rango di Augusti, rispettivamente d'Oriente e d'Occidente. Ma a guadagnarci fu sopra tutto GALERIO. Infatti, anche se Costanzo, come Augusto senior, possedeva il supremo potere legislativo, come era stato quello di Diocleziano prima di lui, fu GALERIO a scegliere, tra gli uomini certamente a lui fedeli, i due nuovi Cesari nelle persone di Flavio Valerio SEVERO (Cesare d'Occidente) e Valerio MASSIMINO DAIA, suo nipote (Cesare d'Oriente). La cosa scontentò gli occidentali: Massimiano Erculio, perché costretto a ritirarsi anzitempo, suo figlio MASSENZIO e COSTANTINO, il figlio di Costanzo, perché tagliati fuori dalla linea di successione. MASSENZIO in particolare si trovò irrimediabilmente tagliato fuori anche perché, a causa del carattere difficile e altezzoso, nonostante il legame di parentela con GALERIO (ne aveva sposato la figlia), era in pessimi rapporto sia con il suocero che con il proprio genitore. La crisi politica del sistema tetrarchico scoppiò quando Costanzo ad Eburacum (l'odierna York al confine con la Scozia), appena poco prima di morire, il 25.7.306, conferì l'imperium a COSTANTINO alla presenza entusiastica dei soldati che lo avrebbe acclamato immediatamente Augusto se non fosse stato per l'insistenza di COSTANTINO di accettare solo il titolo di Cesare. Costantino cercò subito di farsi riconoscere da Galerio che, con la morte di Costanzo, era diventato l'Augusto senior e a questo scopo gli inviò la tradizionale effige laureata che simboleggiava il suo nuovo status. Respingere la richiesta avrebbe avuto il significato di una dichiarazione di guerra, sicché Galerio si piegò ad accettare il fatto compiuto ed elevando SEVERO (più anziano per età di MASSIMINO DAIA) al rango di Augusto, riconobbe la posizione di COSTANTINO quale membro più giovane, in quanto ultimo per data di creazione, all'interno della tetrarchia. Nello stesso periodo scoppiarono a Roma tumulti popolari causati delle tasse imposte da GALERIO anche alla popolazione romana che per tradizione secolare non era abituata a pagarle. Approfittò della situazione MASSENZIO che, postosi a capo della rivolta, il 28.10.306 si fece acclamare dal popolo e dai pretoriani. Nella speranza che GALERIO accettasse il fatto compiuto, come già era avvenuto per COSTANTINO, MASSENZIO evitò in un primo tempo di usare il titolo di Augusto limitandosi a farsi chiamare "princeps", l'appellativo adottato secoli prima da Ottaviano Augusto. Ma alla fine, per dare una legittimità di facciata al suo regime chiese ed ottenne dal padre Massimiano Erculio il riconoscimento formale del suo status in cambio di un analogo riconoscimento da parte sua nei confronti del padre. GALERIO tuttavia non volle assecondare le aspirazioni di MASSIMIANO e di MASSENZIO e ordinò a SEVERO di riprendere con le armi il controllo della penisola. SEVERO passò in Italia ma fu abbandonato dai suoi soldati e consegnato nelle mani di MASSENZIO che lo fece uccidere. GALERIO decise allora di intervenire personalmente e, all’inizio dell’estate del 307 invase l’Italia, avanzando verso sud e accampandosi ad Interamna vicino al Tevere. Ma il suo esercito non era sufficientemente numeroso per battere l'avversario. Le trattative intraprese con MASSENZIO risultarono infruttuose e quando GALERIO si accorse che MASSENZIO stava cercando di corrompere i suoi soldati, per evitare di fare la fine di SEVERO, rientrò rapidamente nei suoi territori. La situazione di MASSENZIO tuttavia si presentava tutt'altro che facile, le due campagne militari di SEVERO prima e GALERIO poi avevano portato la distruzione nelle campagne italiche. Inoltre la rivolta di L. Domizio Alessandro aveva ridotto gli approvvigionamenti di grano dall'Africa che poterono riprendere solo nel 309 quando la rivolta fu repressa. Nell'ottobre-novembre del 308 GALERIO convocò a Carnuntum una conferenza il cui risultato fu l'elevazione di LICINIO ad Augusto al posto dello scomparso SEVERO, il riconoscimento di MASSIMINO DAIA e COSTANTINO nella qualità di "filii Augustorum" (titolo formale privo di potere reale). Nel contempo Massimiano Erculio fu completamente cancellato dalla scena politica e MASSENZIO fu considerato un nemico pubblico in attesa che qualcuno lo eliminasse. Massimiano Erculio si rifugiò allora nei territori di COSTANTINO dove tentò di rialzare la testa complottando contro il genero, poi perdute le speranze di risalita, nel 310 si suicidò. MASSENZIO rimase invece in sella ancora per quattro anni, sino a che COSTANTINO non pose fine al suo regno e alla sua vita il 7 ottobre del 312 nella battaglia di Ponte Milvio. Altre notizie storiche sul periodo possono essere attinte dal sito: http://www.roman-emperors.org/maxentiu.htm. (3) CONSERVator VRBis SVAE. Difensore della sua città. (4) Il segno di zecca PT si compone di due lettere, la prima (P=Prima) indica l'officina monetale che ha battuto la moneta (la prima di tre attive nel periodo), la seconda T (T=Ticinum, l'odierna Pavia) è il nominativo di zecc. |
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