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Gordiano Cesare e la Pietas
18 giugno 2002
Buongiorno, mi chiamo Davide e da poco mi sto affacciando al mondo della numismatica. Sono in possesso delle monete d'oro di cui allego le foto scannerizzate. Ho provato a cercare a che periodo si riferiscano e al valore che possano avere ma non sono riuscito a trovare una risposta esauriente alle mie domande. Le due monete hanno le seguenti caratteristiche fisiche:
14,7÷ 14,9 mm.; peso 2,1 grammi, la prima;
15,2mm; peso 4,2 grammi, la seconda
15,5mm; peso 4,1 grammi, la terza
Se cio' puo' aiutarla le dico che le ho acquistate in Libia presso un negozietto in cui mi hanno riferito di averle trovate presso degli scavi che stanno facendo a Tripoli per costruire nuove abitazioni.
La ringrazio anticipatamente.
fig. 1

fig. 2

fig. 3


fig. 4
tratta dal sito internet:
http://www.athina.ch/RI/RI2701.htm

Roma, 20.6.2002
Caro Lettore,
la moneta di fig. 4 è attualmente in vendita on line sul sito Internet:
http://www.athina.ch/RI/RI2701.htm
Nello stesso sito troverà i riferimenti bibliografici che ne consentono la catalogazione (C 182 ; RIC1) e le indicazioni di valore.
Di seguito Le fornisco una descrizione sintetica della suddetta moneta..

D. M ANT GORDIANVS CAES. Busto drappeggiato a destra e testa nuda. Bordo perlinato.
R. PIETAS AVGG. Bastone da augure, coltello da sacrificio, patera, vaso sacrificale, simpulo (1) e aspersorio. Bordo perlinato.

Si tratta di un denario d'argento, del peso di 2,73 g, coniato nel breve periodo temporale, aprile ÷ luglio del 238 d.C. durante il quale Marcus Antonius Gordianus, sotto gli imperatori congiunti Balbino e Pupieno, fu investito del titolo di Cesare, ossia di sovrano in pectore. (2)
La leggenda del rovescio, Pietas Augustorum, allude, attraverso la simbologia del bastone dell'augure (il potere religioso) e degli strumenti sacrificali, al doveroso rispetto e sentimento di gratitudine dovuto, dai due regnanti, agli dei.

E veniamo ora alle sue monete di identica tipologia ma di diverso peso, diametro e grado di conservazione. In fig. 1/2/3 ne ho riprodotto le immagini, senza rispettare le proporzioni. Noto al riguardo che:

  • il Cohen (C 182) non riporta alcuna moneta d'oro della tipologia delle sue ma solo una moneta d'argento;
  • gli aurei emessi in questo breve periodo sono rarissimi (uno classificato dal British Museum  - RIC rep 36 - comunque di tipologia diversa dal denario di figura 4, pesava ben 5,75g e aveva un diametro di 21 mm);
  • significative differenze di stile (osservi ad esempio i particolari dei capelli di Gordiano) si riscontrano tra le Sue monete e quella di fig. 4.
Tutto ciò porta, a mio avviso, ad escludere che quelle in suo possesso, ancorché d'oro come lei riferisce, possano essere monete originali.

La saluto cordialmente.
Giulio De Florio

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Note:
(1) Il simpulo era il mestolo con cui si attingeva il vino dal cratere.
(2) La tragica storia dei Gordiani si consumò nell'arco di soli sei anni, tra il 238 e il 244 d.C. Il futuro Gordiano I, personaggio di nobile e ricca famiglia, aveva ricevuto dall'imperatore Alessandro Severo l'incarico proconsolare in Africa e ivi si trovava quando,  nel 238 d.C., regnante Massimino (Alessandro Severo era stato ucciso nel 235 per mano di Massimino), scoppiò una ribellione dei locali proprietari terrieri, timorosi di vedere i propri beni confiscati dalla politica predatoria del sovrano. I ribelli, dopo aver ucciso il legato imperiale, imposero a Gordiano la scelta tra l'acclamazione ad imperatore o la morte. Gordiano accettò l'incarico condividendolo con il figlio (Gordiano II) e inviò a Roma una legazione con l'incarico palese di perorare presso il Senato la causa dei ribelli e quello segreto di eliminare Vitaliano, capo dei pretoriani e uomo forte del regime di Massimino. La missione riuscì, gli ambasciatori sparsero la voce della morte di Massimino, il popolo si sollevò, il Senato appoggiò gli ammutinati contro i fautori della conservazione e, senza attendere la conferma ufficiale della morte di Massimino, convalidò l'elevazione al trono dei due Gordiani. Il loro regno doveva tuttavia durare meno di un mese. Capelliano, legato della Numidia, che in un primo tempo aveva appoggiato la causa dei Gordiani, gli si rivoltò contro allorché ritenne che le sue aspettative non venissero tenute nella giusta considerazione e poiché aveva al suo comando un esercito forte e bene addestrato, batté agevolmente a Cartagine l'esercito raccogliticcio dei suoi oppositori, sicché Gordiano I si suicidò e Gordiano II finì ucciso in battaglia. Le notizie provenienti dall'Africa circa la morte dei due Augusti crearono il panico nella città di Roma, dove si era sparsa la voce che Massimino, dato per morto, era invece ancora vivo e ben deciso a difendere le sue prerogative. Al Senato, ormai compromesso, non restò che scegliere al proprio interno, come successori, due suoi membri, Pupieno e Balbino, con il compito di preparare la guerra. Ma il popolo non gradì il risorgere del potere senatorio, ne seguirono tumulti e il Senato dovette accettare il compromesso di proclamare Cesare (cioè sovrano in pectore) il tredicenne Marco Antonio Gordiano, il cui nonno materno era stato Gordiano I e il cui zio materno Gordiano II. Poco dopo, una rivolta dei pretoriani pose fine alla vita dei due Augusti regnanti, sicché l'ultimo dei Gordiani, Cesare da pochi mesi, divenne Augusto nel luglio del 238, passando alla storia come Gordiano III. L'anno 238 fu fatale anche per Massimino: la resistenza opposta dall'esercito senatorio ostacolò il suo ritorno a Roma e una rivolta della 2^ Legione Partica ne determinò la morte. Gordiano III, data la giovane età, era docile strumento nelle mani dei pretoriani e del loro capo Timesiteo che lo aveva mantenuto al potere e gli aveva dato in moglie la propria figlia. Ma il suo regno durò quanto la vita di Timesiteo. Quando questi morì, pare avvelenato, durante una campagna militare in Oriente, il nuovo prefetto dei pretoriani, Marco Giulio Filippo, figlio di uno sceicco arabo, passato poi alla storia  come Filippo I l'Arabo, lo fece assassinare dai suoi sicari nel 244 facendosi proclamare Augusto al suo posto. Il Senato e le province riconobbero subito il nuovo sovrano, favorito delle legioni orientali.

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