Roma, 20.6.2002
Caro
Lettore,
la moneta di
fig. 4 è attualmente in vendita on line sul sito
Internet:
http://www.athina.ch/RI/RI2701.htm
Nello stesso
sito troverà i riferimenti bibliografici che ne
consentono la catalogazione (C
182 ; RIC1) e le indicazioni
di valore.
Di seguito
Le fornisco una descrizione sintetica della suddetta
moneta..
D. M ANT
GORDIANVS CAES. Busto drappeggiato a destra e
testa nuda. Bordo perlinato.
R. PIETAS
AVGG. Bastone da augure, coltello da sacrificio,
patera, vaso sacrificale, simpulo (1) e aspersorio. Bordo perlinato.
Si tratta
di un denario d'argento, del peso di 2,73 g,
coniato nel breve periodo temporale, aprile ÷
luglio del 238 d.C. durante il quale Marcus
Antonius Gordianus, sotto gli imperatori congiunti
Balbino e Pupieno, fu investito del titolo di
Cesare, ossia di sovrano in pectore. (2)
La
leggenda del rovescio, Pietas Augustorum, allude,
attraverso la simbologia del bastone dell'augure
(il potere religioso) e degli strumenti
sacrificali, al doveroso rispetto e sentimento di
gratitudine dovuto, dai due regnanti, agli dei.
E veniamo
ora alle sue monete di identica tipologia ma di
diverso peso, diametro e grado di conservazione.
In fig. 1/2/3 ne ho riprodotto le immagini, senza
rispettare le proporzioni. Noto al riguardo che:
- il
Cohen (C
182) non riporta alcuna
moneta d'oro della tipologia delle sue ma solo
una moneta d'argento;
- gli
aurei emessi in questo breve periodo sono
rarissimi (uno classificato dal British
Museum -
RIC rep 36 - comunque di tipologia diversa
dal denario di figura 4, pesava ben 5,75g e
aveva un diametro di 21 mm);
-
significative differenze di stile (osservi ad
esempio i particolari dei capelli di Gordiano)
si riscontrano tra le Sue monete e quella di
fig. 4.
Tutto ciò
porta, a mio avviso, ad escludere che quelle in suo
possesso, ancorché d'oro come lei riferisce, possano
essere monete originali.
La saluto
cordialmente.
Giulio De Florio
----------------------------
Note:
(1) Il simpulo era il mestolo con cui si
attingeva il vino dal cratere.
(2) La tragica storia dei Gordiani si
consumò nell'arco di soli sei anni, tra il 238 e il
244 d.C. Il futuro Gordiano I, personaggio di nobile
e ricca famiglia, aveva ricevuto dall'imperatore
Alessandro Severo l'incarico proconsolare in Africa
e ivi si trovava quando, nel 238 d.C.,
regnante Massimino (Alessandro Severo era stato
ucciso nel 235 per mano di Massimino), scoppiò una
ribellione dei locali proprietari terrieri, timorosi
di vedere i propri beni confiscati dalla politica
predatoria del sovrano. I ribelli, dopo aver ucciso
il legato imperiale, imposero a Gordiano la scelta
tra l'acclamazione ad imperatore o la morte.
Gordiano accettò l'incarico condividendolo con il
figlio (Gordiano II) e inviò a Roma una legazione
con l'incarico palese di perorare presso il Senato
la causa dei ribelli e quello segreto di eliminare
Vitaliano, capo dei pretoriani e uomo forte del
regime di Massimino. La missione riuscì, gli
ambasciatori sparsero la voce della morte di
Massimino, il popolo si sollevò, il Senato appoggiò
gli ammutinati contro i fautori della conservazione
e, senza attendere la conferma ufficiale della morte
di Massimino, convalidò l'elevazione al trono dei
due Gordiani. Il loro regno doveva tuttavia durare
meno di un mese. Capelliano, legato della Numidia,
che in un primo tempo aveva appoggiato la causa dei
Gordiani, gli si rivoltò contro allorché ritenne che
le sue aspettative non venissero tenute nella giusta
considerazione e poiché aveva al suo comando un
esercito forte e bene addestrato, batté agevolmente
a Cartagine l'esercito raccogliticcio dei suoi
oppositori, sicché Gordiano I si suicidò e Gordiano
II finì ucciso in battaglia. Le notizie provenienti
dall'Africa circa la morte dei due Augusti crearono
il panico nella città di Roma, dove si era sparsa la
voce che Massimino, dato per morto, era invece
ancora vivo e ben deciso a difendere le sue
prerogative. Al Senato, ormai compromesso, non restò
che scegliere al proprio interno, come successori,
due suoi membri, Pupieno e Balbino, con il compito
di preparare la guerra. Ma il popolo non gradì il
risorgere del potere senatorio, ne seguirono tumulti
e il Senato dovette accettare il compromesso di
proclamare Cesare (cioè sovrano in pectore) il
tredicenne Marco Antonio Gordiano, il cui nonno
materno era stato Gordiano I e il cui zio materno
Gordiano II. Poco dopo, una rivolta dei pretoriani
pose fine alla vita dei due Augusti regnanti, sicché
l'ultimo dei Gordiani, Cesare da pochi mesi, divenne
Augusto nel luglio del 238, passando alla storia
come Gordiano III. L'anno 238 fu fatale anche per
Massimino: la resistenza opposta dall'esercito
senatorio ostacolò il suo ritorno a Roma e una
rivolta della 2^ Legione Partica ne determinò la
morte. Gordiano III, data la giovane età, era docile
strumento nelle mani dei pretoriani e del loro capo
Timesiteo che lo aveva mantenuto al potere e gli
aveva dato in moglie la propria figlia. Ma il suo
regno durò quanto la vita di Timesiteo. Quando
questi morì, pare avvelenato, durante una campagna
militare in Oriente, il nuovo prefetto dei
pretoriani, Marco Giulio Filippo, figlio di uno
sceicco arabo, passato poi alla storia come
Filippo I l'Arabo, lo fece assassinare dai suoi
sicari nel 244 facendosi proclamare Augusto al suo
posto. Il Senato e le province riconobbero subito il
nuovo sovrano, favorito delle legioni orientali.
|