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7.12.2016
Buonasera,
ho preso questa moneta vendutami come originale, ma
a casa, facendo ricerche su altre monete simili, ho
notato alcuni dettagli che a me, (ancora totalmente
inesperto in monete romane), hanno lasciato
perplesso. Ho cercato di darti quanti più dati
possibili per aiutarmi a capire l'autenticità della
moneta.Si tratta dello stesso tipo di moneta da te già analizzata in "Giuliano e il toro" dove giudicavi falsa la moneta dell'articolo. Il disegno del fronte della mia moneta somiglia molto di più a quelle originali (per quanto io inesperto possa notare) rispetto a quella falsa, e anche i dati (peso, diametro) sembrerebbero coincidere con quelle originali, MA il retro, il disegno del toro, è davvero diverso da tutti quelli trovati su internet. La zecca dovrebbe essere Arles ma anche tra le monete di Arles non ne trovo nessuna con un toro simile alla mia. Ho notato che questa moneta ha disegni del toro molto diversi tra zecca e zecca, però non so se è sufficiente ad accettare quello della mia. Altra osservazione, il contorno non sembra puntinato come in molte delle monete originali che ho visto su internet (ma potrebbe essere consumato) e non capisco se l'ultima lettera della zecca "T" (PCONST) è semplicemente erosa o è rovesciata di 90°. Davvero strana moneta, ma se fossi un falsario non farei errori così grossolani. Ho allegato anche una foto del taglio della moneta, anche se non so se fatta in modo corretto. Dati: - peso: 8,198 g (farmacia) - 27mm - scuro, quasi nero. il rovescio ha contorni un po' più chiari - tra 11 e 12 - bronzo? - non è ferromagnetica Autorizzo la pubblicazione di tutti i dati e le foto inviate. Grazie. |
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Roma, 9.12.2016
Egregio
Lettore,di seguito riporto gli elementi significativi pertinenti alla moneta di figura: AE1/Maiorina1,
zecca di Arles, 360-363 d. C., RIC VIII
319 (pag. 229), indice
di rarità R Descrizione sommaria: La ricerca nel web di monete di tipologia simile a quella di figura ha prodotto i seguenti risultati:
Concludo osservando che, per quanto consentito da una valutazione a distanza, le caratteristiche fisiche, generali e di stile della moneta riflettono quelle dei conî autentici d'epoca. Quanto all'assenza di contorno perlinato, si tratta di una caratteristica che si ritrova anche in alcune delle monete riportate ad esempio. Un saluto cordiale. ----------------------------------------
(2) DN FL CL IVLIANVS PF AVG (Dominvs Noster FLavivs CLaudivs IVLIANVS Pius Felix AVGvstvs). Flavio Claudio Giuliano, fu chiamato dai suoi contemporanei l'Apostata [dal greco ἀποστάτης, der. dal verbo ἀφίστημι «distaccarsi»] perché, battezzato ed educato nella fede cristiana, ad un certo punto della vita l'aveva rinnegata per il paganesimo. Non si può spiegare l'apostasia di Giuliano senza tornare indietro alle origini della sua famiglia. Il nonno di Giuliano, l'imperatore Costanzo Cloro, aveva avuto sei figli legittimi dalla moglie Teodora, tra questi Giulio Costanzo, padre di Giuliano, e Delmazio senior. Diversi anni prima del matrimonio però aveva avuto un figlio di nome Costantino da Elena, donna di umili origini con la quale aveva convissuto in regime di concubinato, come allora si usava quando le differenze di ceto sociale non consentivano l'unione legale. Alla morte di Costanzo Cloro, era stato Costantino, allora trentenne, ad assumere, per ragione di età e di esperienza (i figli di Teodora erano piccoli), l'eredità paterna; la famiglia di Teodora era vissuta così all'ombra di Costantino. Divenuto imperatore, Costantino aveva condiviso con i propri figli la responsabilità di governo, sicché Costantino jr. aveva avuto la Spagna, la Gallia e la Britannia, Costante l'Italia, l'Illiria e l'Africa e Costanzo le province asiatiche e l'Egitto, mentre Costantino aveva mantenuto per sé la penisola balcanica. Prima di morire, nel 337, Costantino si era ricordato nel testamento dei nipoti, Delmazio jr e Annibaliano, figli di Delmazio senior, fratellastro, come si è detto, di Costantino e ad essi aveva lasciato rispettivamente la penisola balcanica e il governo dell'Armenia e della costa del Ponto. Alla notizia della morte del padre, Costanzo si era precipitato a Costantinopoli dove aveva organizzato una rivolta contro zii e cugini discendenti di Teodora. Due fratellastri di Costantino, tra cui Delmazio senior e il padre di Giuliano e sette suoi nipoti, tra cui Delmazio jr. e Annibaliano, furono trucidati. A salvarsi dal massacro furono per caso Giuliano che all'epoca aveva sei anni e il fratello Gallo che ne aveva 12. Il crudele e sospettoso Costanzo aveva risparmiato loro la vita relegandoli in due diverse città dell'Asia Minore. I ragazzi furono posti sotto la guida di maestri cristiani che spiavano i loro minimi movimenti e in particolare sotto la supervisione di Eusebio, vescovo ariano di Nicomedia. Così Giuliano aveva ricevuto le prime lezioni di cristianesimo da coloro che considerava nemici mortali e la dottrina cristiana gli era stata presentata sotto l'aspetto più infelice di un'interminabile disputa tra ortodossi e ariani. A Giuliano il cristianesimo fu inculcato a forza ed egli, per un senso di istintiva difesa, fu costretto a mostrarsi convinto e fervente. Tuttavia, tra gli insegnanti che ebbe modo di frequentare, ne ebbe uno che lo introdusse di nascosto alla poesia e alla filosofia greca, poi, più tardi, seguì in gran segreto, all'insaputa dello zio, le lezioni di un famoso retore pagano, Libanio. Avvenne quindi in quegli anni la conversione al paganesimo (l'apostasia) e l'odio verso i cristiani: erano stati costoro che gli avevano ucciso il padre, loro che l'avevano tenuto per anni in esilio, loro che gli avevano negato la conoscenza del mondo classico. Giuliano abbracciò così il neoplatonismo che, rispetto al cristianesimo, presentava il vantaggio di rimanere nel campo dell'antica cultura e del vecchio politeismo. Poi venne anche per lui il momento di comandare. La svolta si ebbe poco dopo la morte del fratello Gallo; Costanzo, che pure l'odiava, non aveva eredi e quindi, dopo avergli conferito il titolo di Cesare, lo aveva inviato in Gallia a difendere il confine renano. Sul campo il filosofo si era rivelato un buon generale ed era riuscito a sopraffare gli Alemanni e più tardi i Franchi. Nel 359 si manifestarono segni di crisi nei rapporti con Costanzo, quando il re persiano Sapore II aveva passato il Tigri e attaccato i territori romani. Costanzo, impegnato sul Danubio a contrastare i Quadi e i Dalmati, aveva ordinato a Giuliano di inviare dei reparti ausiliari ma questi aveva opposto un rifiuto perché in forza di un trattato concluso con i barbari che servivano nel suo esercito, si era impegnato a non utilizzarli fuori dalla Gallia. Ne seguì una rivolta terminata nel 360 con l'acclamazione di Giuliano ad Augusto. Nella disputa l'occidente si pose dalla parte di Giuliano, Costanzo non volle riconoscerlo e mosse contro di lui ma la morte lo colse all'improvviso e Giuliano fu riconosciuto Augusto da tutto l'impero. Con l'avvento al potere Giuliano cercò di ostacolare la diffusione del cristianesimo. Pur non abolendo l'editto di Milano del 313 con cui alla religione cristiana erano stati riconosciuti pari diritti con i culti pagani, esercitò un'azione di propaganda ideologica scrivendo, ad esempio, l'opera "contro i Cristiani" nella quale, valendosi della profonda conoscenza della letteratura cristiana, contrastò la dogmatica cristiana. Poi privò il clero cristiano dei privilegi concessi da Costantino in poi. Nel 362 emanò un editto con cui proibiva ai filosofi, grammatici e retori cristiani di insegnare nelle scuole. Successivamente, permettendo il rientro a Costantinopoli dei cristiano-ortodossi che erano stati esiliati da Costanzo (che era di fede ariana), ridette l'avvio ai dissensi tra le due componenti religiose. Infine pretese la restituzione agli antichi proprietari dei beni sequestrati per motivi religiosi con un editto da cui trassero vantaggio essenzialmente i templi pagani. Per contro cercò di creare un vero clero professionale e una gerarchia all'interno della religione pagana innovandone i contenuti attraverso l'inserimento di elementi tipici del cristianesimo, come la conduzione di una vita ineccepibile, l'astensione dalle frivolezze, la beneficenza. Il suo messaggio fu recepito da alcuni e respinto da altri che deridevano l'imperatore per la sua devozione e per la vita monastica che conduceva. La tragedia per Giuliano fu di dover constatare di persona che proprio Antiochia, la città che aveva eletta a sua capitale, si facesse gioco di lui indirizzandogli lazzi ed insulti, tanto che giurò di non farvi più ritorno. Ma ormai anche il destino di Giuliano stava per compiersi: partito con un potente esercito per combattere contro i Persiani, fallì nel tentativo di conquistarne le città più importanti e perì in battaglia il 26 giugno del 363. [Le notizie storiche sopra riportate sono liberamente tratte da Storia di Roma - S.I. Kovaliov]. (3) SECVRITAS REIPVBlicae (la sicurezza della Repubblica). Il tema della sicurezza dello stato è presente nella monetazione del quarto secolo sin dai tempi di Costantino I. La datazione della moneta si colloca tra il 360, anno dell'ascesa, sino al 26.6.363, anno della morte di Giuliano. (4) PCONST. Il segno di zecca si compone di due parti, la prima lettera indica l'officina monetale (P=Prima), prima di tre al tempo attive nella zecca, le lettere rimanenti CONST identificano la zecca di Costantina (v. link), come fu ribattezzata Arelate da Costantino alla nascita del primo figlio (v. link). (5) Resta da spiegare il significato del tipo del "Toro". Nella sua invettiva contro gli abitanti di Antiochia, di cui si è fatto cenno in calce alla nota 1, Giuliano riferisce che essi lo beffeggiavano proprio per la simbologia di questa moneta, senza accennare per altro ad alcuna chiave di lettura. Nel corso del tempo la moneta è stata variamente interpretata; alcuni hanno suggerito che l'animale fosse il toro sacro Apis ritrovato alla fine del 362, altri un animale destinato al sacrificio, altri che si trattasse del segno zodiacale del sovrano, per altro non riportato da alcuna fonte, altri che volesse simboleggiare l'imperatore come guardiano del suo popolo. RIC VIII ritiene più fondata una delle due ultime ipotesi ma non sceglie tra le due. |
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