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10.12.2022
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msnGSot.peso 3,2g, diametro 18mm. |
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Roma, 12.12.2022
Egregio
Lettore,di seguito riporto gli elementi significativi riguardanti la moneta di figura: Denario1, zecca mobile con Bruto, 43-42 a. C., Crawford 502/2 (pag. 515), Sydenham 1290 (pag. 202), numismatica-classica R-13/5, indice di rarità "(5)". Descrizione sommaria (sono indicate in rosso le parti della leggenda usurate o comunque illeggibili):D. L•SESTI•PRO•Q2, intorno, a partire da ore 5, in senso antiorario. Libertas3 velata e drappeggiata a destra. Bordo perlinato. R. Q•CAEPIO•BRVTVS• PRO•COS4, in senso orario a partire da ore 7. Tripode tra ascia e simpulo5. Bordo perlinato.
Concludo osservando che le caratteristiche fisiche, generali e di stile della moneta non si discostano da quelle delle monete d'epoca di pari tipologia. Nella pagina di cui al link ho realizzato una tabella di confronto tra la moneta in esame e dieci monete autentiche reperite nel web. Nel presente stato di conservazione la moneta, se autentica, vale, a mio avviso, c. 200euro. Un saluto cordiale.Giulio De Florio ------------------------------- Note: (1) Denario (Argento, 950‰, se autentica). Numismatica-classica assegna ai denari della serie un peso di 3,31-3,87g e un diametro di 17-21mm. Raccolgo in tabella le caratteristiche fisiche delle monete della tipologia di figura presenti nei link di cui sopra:
(2) L•SESTI•PRO•Q. (Lucio SESTIus PRO Quaestor). Lucio Sestio Albaniano Quirinale (attivo 43 – 23 a.C.) è stato un aristocratico della tarda Repubblica romana (v. link). Pur avendo tendenze repubblicane, Augusto lo nominò console suffetto nel 23 a.C. per svolgere la funzione. Sestio era figlio di Publio Sestio e di una figlia di Gaio Albanio. Sebbene Orazio lo abbia fatto protagonista di una delle sue odi (I.4), Ronald Syme spiega che ciò era servito semplicemente per "indicare l'anno di pubblicazione dei primi tre libri" delle sue odi. Syme nota che, sebbene Sestio sia stato pro questore di Marco Giunio Bruto, "non lasciò traccia, né del rango, né dell’attività svolta nella magistratura suprema" e ritiene che "Sestio possa aver condotto una vita di tranquillo svago. Se è così, allora questo potrebbe indicare che Sestio aveva un'avversione per la vita pubblica, una delle caratteristiche di un epicureo. Questa avversione alla vita pubblica lo avrebbe reso una scelta sicura per servire come console; l'anno seguente Lucio Licinio Varrone Murena, fratello di Aulo Terenzio Varrone Murena, che era stato scelto per diventare console nel 23 a.C., e all'ultimo momento sostituito da Calpurnio Pisone, fu accusato di cospirazione contro Augusto e assassinato durante l'arresto. Negli scavi della villa di Settefinestre, appartenuta ai genitori di Sestio Quirinale, sono state rinvenute ceramiche con impresse le lettere LS ("Lucius Sestius"). Le fonti letterarie gli attribuiscono la dedica di tre altari del culto imperiale nel nord-ovest della Spagna, intorno al 19 a.C.. Lucio Sestio (L SESTI) servì come proquestore di Bruto in Macedonia, e fu durante questo proquestorato che coniò monete. Il rovescio della moneta si riferisce alla carica di pontefice, alla quale Bruto era stato eletto. Sestio, fu perdonato da Ottaviano dopo la caduta di Bruto, e fu nominato console suffectus nel 23 a.C.. Come riferisce sinteticamente cngcoins, "questa monetazione rozzamente coniata fu emessa per un esercito sotto il comando di Sestio, figlio di un comandante pompeiano, che unì le forze con i tirannicidi. Ottenne comunque il perdono di Ottaviano dopo la caduta di Bruto, e in seguito divenne console nel 23 a.C. Sestio è inoltre conosciuto storicamente come il dedicatario di una delle odi di Orazio". (3) Libertas. La libera res publica, secondo i repubblicani, poteva essere raggiunta solo attraverso la sconfitta del nuovo gruppo di triumviri. Questo messaggio è stato comunicato anche attraverso l'immagine del dio Apollo. Apollo non era solo un dio della vittoria e del trionfo, ma era anche il dio dell'oracolo di Delfi, da cui l'antenato di Bruto aveva ricevuto l'oracolo per espellere i re Tarquini da Roma (v. link). (4) Q•CAEPIO•BRVTVS• PRO•COS (Quintus CAEPIO BRVTVS PROCOnSul). Marco Giunio Bruto (divenuto Q. Caepio Brutus, dopo l'adozione da parte dello zio Q. Servilio Cepione - v. link), capo della congiura che portò all'assassinio di Cesare (15 marzo 44), ebbe un'elevata educazione retorica e filosofica che affinò ad Atene; la sua formazione politica risale allo zio Catone Uticense, che lo allevò partigiano dell'oligarchia contro la quale s'erano battuti i suoi padri. Parteggiò per Pompeo contro Cesare; tra gli sconfitti di Farsalo, ottenne il perdono di Cesare, al quale Bruto dové anche l'ufficio di legato propretore nella Gallia Cisalpina (47-45) e di pretore urbano nel 44. Ma, inquieto e malcontento del nuovo regime sostanzialmente monarchico, fu attirato nella congiura contro Cesare e vibrò anch'egli il colpo mortale. Con lui, tra gli altri, Gaio Cassio Longino che del complotto fu l'antesignano (" the moving spirit"). Alla morte di Cesare la situazione a Roma si presentava molto confusa, gli attori in gioco erano molti e le alleanze non erano ben definite e consolidate. Una prima decisione di compromesso, assunta dal Senato il 17 marzo, fu di amnistiare gli assassini di Cesare e confermare i provvedimenti da lui presi in vita, come la distribuzione delle terre, le ricompense e le nomine dei funzionari; Marco Antonio, che allora rivestiva la carica di console, ebbe l'incarico di esecutore testamentario di Cesare. Beneficiari dei beni dell'estinto risultarono Caio Ottavio (il futuro Ottaviano, poi Augusto), pronipote di Cesare, due altri pronipoti e, in caso di rinuncia di questi ultimi, Decimo Bruto (da non confondere con l'omonimo Marco Giunio) e Marco Antonio; ai cittadini più poveri furono destinati, secondo la volontà del defunto, 300 sesterzi ciascuno. Tra gli altri attori in gioco si ricorderà Dolabella, il secondo dei due consoli del 44; il capo della cavalleria, Marco Emilio Lepido; Decimo Bruto cui Cesare in vita aveva assegnato la Gallia. Nella sostanza il potere era nelle mani di quelli tra i contendenti che potevano disporre di un esercito, Ottaviano tra questi, che si era costituito un esercito personale, finanziato con le proprie tasche e che era riuscito a farsi dare dal Senato un mandato come propretore oltre che l'iscrizione nella lista dei senatori con rango consolare (Kovaliov, pag. 475). Bruto e Cassio, dopo la morte del dittatore, trascorsero qualche tempo nei pressi di di Roma, ma in seguito, allo scopo di raccogliere forze, partirono per l'Oriente (Kovaliov, pag. 474). Bruto arruolò truppe in Grecia, accettò illegalmente il governatorato della Macedonia che Antonio aveva assegnato a Decimo Bruto, conquistò l'Illiricum e sconfisse Gaio, il fratello di Antonio, mandato ad inseguirlo. Cassio batté Dolabella, al quale Antonio aveva fatto assegnare la Siria. Nel febbraio del 43 (v. link), dopo la sconfitta di Antonio a Modena, il Senato riconobbe la posizione di Bruto in Macedonia, Illiricum e Grecia e quella di Cassio in Siria (v. Kovaliov, pag. 475). Ma la fortuna dei congiurati volgeva rapidamente alla fine. Ad Agosto del 43 Ottaviano entrò a Roma con le sue truppe (un vero colpo di stato!) e impose al Senato la propria nomina a console. Uno dei suoi primi atti fu di revocare l'amnistia concessa ai congiurati a marzo dell'anno precedente. In applicazione della legge Pedia (dal nome di Quinto Pedio, collega di Ottaviano), i congiurati furono processati, condannati e dichiarati nemici della patria. Le misure in precedenza adottate contro Antonio e Lepido furono abrogate e fu decisa la formazione del triumvirato (il secondo), composto da Antonio, Ottaviano e Lepido. Bruto lasciò allora la Grecia per congiungere le sue forze con quelle di Cassio in Asia e preparare la guerra. Nell'autunno del 42 i due eserciti dall'Asia si spostarono in Macedonia a Filippi, dove li attendevano Antonio e Ottaviano con le loro truppe. I repubblicani (o Liberatori, come amavano chiamarsi) disponevano di 19 legioni, oltre ad una quantità di truppe alleate; nelle loro mani si trovava la flotta con la quale dominavano il mare. Il loro piano iniziale consisteva nel prendere i triumviri per fame, senza spingere le cose fino ad una battaglia. Ma Antonio riuscì a separare il nemico dal mare in modo da obbligarlo ad accettare battaglia. Nel primo scontro Antonio ebbe la meglio su Cassio che, ignaro che Bruto aveva battuto Ottaviano, si tolse la vita. Bruto raccolse allora le truppe e affrontò di nuovo i due avversari a Filippi e, sconfitto, scelse il suicidio. Con la battaglia di Filippi il partito repubblicano fu definitivamente sconfitto. Fedele agli ideali repubblicani, Bruto aveva evitato l'uso del proprio ritratto (v., ad es. il link) quando, agli inizi del 42 a. C., aveva cominciato a battere moneta congiuntamente con Cassio (v., ad es. il link) ma, nella tarda estate, negli ultimi mesi prima di Filippi, adottò il metodo dei suoi avversari e impresse il proprio ritratto sulle monete (v., ad es. il link). L'obiettivo, senza dubbio, era quello di incoraggiare la fedeltà personale - per guadagnare sostegno dietro di sé quale discendente del fondatore stesso della Repubblica - mentre la battaglia decisiva si avvicinava. (5) Il rovescio della moneta, con il tripode, l'ascia e il simpulo, allude alla carica di pontefice, alla quale Bruto era stato eletto alla fine degli anni '50 (v. link). |
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