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traduzione rev. il 20.8.2012
AURELIANO : RESTITVTOR ORBIS ROMANI
" RESTAURATORE DEL MONDO ROMANO "
(tradotto da un articolo di Jérôme Mairat, pubblicato nel sito internet: http://www.inumis.com/ressources/rome/articles/aurelien/3preface-fr.html)

La cattura dell’imperatore Valentiniano 1°  da parte dei Persiani risuonò come la più grande umiliazione conosciuta dai Romani.  Gallieno, ormai unico imperatore, non fu capace di riscattare quell’onta e lasciò suo padre in prigionia, a fare da scaleo a Sapore (vedi ímmagine in altra pagina del sito, cliccando qui), il re persiano, nemico giurato di Roma. Questo avvenimento rivela la profonda crisi che l’Impero Romano conobbe nel terzo secolo. Roma, la Roma imperiale, vede spegnersi il suo prestigio di città padrona. I barbari ne attraversano regolarmente le frontiere, saccheggiano le città più antiche dell’impero, e fanno ritorno oltre il limes con ricchi bottini.  Ma lo stesso imperatore non è più l’uomo tanto amato quanto temuto. L’impero si divide. Usurpatori appaiono in ogni dove: .. i trenta tiranni della Historia Augusta.

In Occidente l’impero gallico si distacca da Roma. Postumo, Lelio, Mario, Vittorino, si succedono come se un imperatore potesse avere la sua ragione d’essere senza la Città, senza Roma. In Oriente Odenate che si fa riconoscere da Gallieno come “Dux Romanorum”, aggiunge a Palmira, la sua città, la totalità della Siria, poi dell’Egitto e di una parte dell’Asia Minore.
Alla morte di Gallieno l’impero è eroso, all’interno, dagli usurpatori e dai dissidenti, all’esterno, dai barbari, troppo felici  di vincere l’esercito romano e di venire a loro piacimento a prendere le ricchezze dell’Impero.
Claudio II, il nuovo imperatore, comprende la situazione: il mondo romano è prossimo alla dissoluzione; inizia perciò a intraprendere la restaurazione, la promette in qualche modo attraverso la propaganda monetaria. Ma la sua morte, dopo meno di due anni di regno, rende l’opera incompiuta, per non dire unicamente progettata.
Aureliano è il successore di Claudio II, se si esclude il breve, per non dire inesistente, regno di Quintillo.
In soli cinque anni, dal 270 al 275, Aureliano combatte uno per uno tutti i nemici di Roma, consolida uno per uno tutti i punti deboli dell’impero, riesce in un’impresa quasi impossibile: riunificare l’Impero Romano. Grazie a lui tutte le province dell’impero tornano sotto l’autorità di Roma. E’ a giusto titolo che le monete esaltano l’imperatore come “Restitutor Orbis”, il Restauratore del Mondo.
Il più grande pericolo per Roma non è l’Impero Gallico, piuttosto chiuso in se stesso, ma l’impero di Palmira, all’estremo Est dell’Impero. Palmira, città più di tradizione persiana ed ellenistica che romana, rischia con il suo impero di cadere nelle mani dei Persiani. In breve l’Impero Romano, amputato  della sua parte orientale, rischia di dimezzarsi.
Aureliano pone fine al regime di Palmira, sul quale Valabata, figlio di Odenate e Zenobia, regna con il titolo di “Dux Romanorum”!
Ma Aureliano non si contenta di riunificare l’Impero. Lo deve preparare all’avvenire, riformarlo. Inoltre la potente Roma deve essere circondata da mura (mura di Aureliano), per timore delle discese dei barbari, capaci di attraversare tutta l’Italia e giungere sino a lei.
L’economia dell’impero deve inoltre essere risanata. La crisi economica, aggravata sotto il regno di Gallieno, aveva trasformato dei buoni antoniniani d’argento in monetine di rame. La riforma monetaria organizzata da Aureliano segna la volontà di coniare delle belle monete di qualità equivalente quali che fossero le zecche, con un tenore di metallo sufficientemente garantito. Lo stato non deve più apparire come un falso monetiere, che mette in circolazione delle monetine di metallo vile da far passare come monete d’argento. Ne va della sicurezza dello stato.
Aureliano ha una predilezione per il culto del Sole, assai in voga presso i militari e in Illiria di cui è originario. Egli impone questo dio, rendendolo oggetto di culto ufficiale. Sol, questa divinità orientale aggiunta al Panteon romano, arriverà a sostituire un Giove malato, stanco delle offerte rituali che gli vengono offerte da secoli.
Nel primo secolo Sol  fu più o meno assimilato ad Apollo nel Panteon Romano che, molto aperto, aveva accolto altri dei, come Serapide o Iside.  Ma a guardar bene, Sol, come culto ufficiale, si adattava molto male a Giove perché, assimilato ad Apollo, sarebbe stato sensato considerarlo il figlio. Ora Sol  è per definizione una divinità suprema, superiore a tutte le altre. Sol  non può inserirsi che in un culto orientale politeista e persino monoteista. Non può inserirsi nel Panteon romano, per il rischio di contraddizioni, a meno di un culto marginale. Sol  occupa pertanto un posto particolare e la sua posizione di culto ufficiale fa sì che da solo sostituisca tutto un Panteon.
Questo quasi monoteismo dà inizio al trapianto del cristianesimo nelle province più pagane dell’impero. E’ in effetti più facile confondere un Dio unico e onnipotente con un Sol supremo piuttosto che con un intero Panteon.
Dopo l’umiliazione di Valeriano I, dopo l’apparizione di questi usurpatori che tentano di strappare la porpora imperiale ai quattro angoli dell’impero, la condizione dell’imperatore non più essere la stessa. Beffeggiato, disonorato, il titolo di imperatore fu troppo spesso svilito da piccoli usurpatori locali. Troppi pretendenti al trono sarebbero capaci di annullare gli sforzi di Aureliano che è riuscito a riunificare il più grande impero del mondo. Aureliano deve rendere la sua autorità incontestabile, unica, in modo che lui e i suoi successori non debbano più ricostituire un impero ridotto in briciole.
Il culto solare gli consente di imporre la sua supremazia. A somiglianza del re di Persia, la cui terra è culla del culto solare, l’imperatore diventa un dio. Alcune rare leggende monetarie esaltano Aureliano “Deo et Domino nato”, nato Dio e Signore.
La divinizzazione dell’imperatore, prima di allora solo postuma, segna una nuova tappa importante del potere imperiale. Come Cesare aveva preparato la strada ad Augusto per instaurare il suo Principato, Aureliano apre la via ad una nuova forma di potere imperiale: il Dominato, prossimo annuncio del Basso impero, o come oggi si preferisce dire, dell’Antichità tardiva.
Un ordine nuovo si annuncia.
Fatto unico nella storia di Roma, la sua morte lascia spazio ad un inter-regno: per quasi un mese, l’Impero non ha alcun imperatore, come se nessun uomo, quale che fosse, nell’Impero possedesse la statura per potergli succedere.

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