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4.2.2010
Buonasera Dott. De
Florio, grazie per avermi ancora una volta
identificato correttamente le mie monete, le chiedo
ancora una volta una consulenza. La moneta da identificare è da me catalogata come moneta n 19, le chiedo un suo parere sulla autenticità, e, dal suo stato di conservazione, sapere un suo possibile valore venale La moneta è scheggiata però ha le immagini sia nel fronte e nel retro ben definite ( a me sembra una delle infinite monete di Costanzo II ma non ne sono sicuro) Dritto. Testa diademata , busto paludato e corazzato a destra..( non riesco ad identificare iscrizioni) Rovescio: Soldato elmato volto a sinistra, con il braccio sinistro imbraccia uno scudo mentre con la destra trafigge con la lancia un cavaliere che cade. ( mi sembra di leggere distintamente “REPARA..).. Zecca non identificata ( io faccio sempre fatica a leggere queste scritte, distinguo bene una stella finale) Peso 2.5 grammi Diametro:1.8 cm Colore: marrone con patina scura Tipologia lega metallica: sembrerebbe bronzo Asse di conio ore 10 Presenza materiale ferromagnetico: Non attratta Inserisco l’URL come richiesto: http://www.forumancientcoins.com/monetaromana/consulenza.html e autorizzo l'uso incondizionato delle foto inviate. Grazie |
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Roma, 7.2.2010
Egregio
Lettore, di seguito riporto gli elementi significativi che ho potuto raccogliere sulla moneta: Æ3,1 zecca di Roma2, 357 d. C.3, RIC VIII 316 (pag. 278), indice di rarità "R" Descrizione
sommaria (sono indicate in rosso le parti della
leggenda usurate o comunque non più leggibili):
La ricerca nel web di monete simili a quella di figura non ha prodotto risultati. Si propongono perciò all'attenzione due monete tipologicamente uguali a quella in esame, l'una battuta dalla zecca di Roma nel nome di Costanzo II, l'altra, dalla stessa zecca, nel nome di Giuliano Cesare, entrambe con segno di zecca R*M*P:
Un saluto
cordiale. ------------------------------- Note:
(2) La zecca di Roma batté la tipologia monetale di figura nel nome di Costanzo II e di Giuliano Cesare. Ciò significa che ritroviamo monete con gli stessi rovesci e con le seguenti leggende del dritto:
(4)Dominvs Noster CONSTANTIVS Pivs Felix AVGvstvs. L'imperatore Costanzo Cloro, aveva avuto sei figli legittimi dalla moglie Teodora, tra questi Giulio Costanzo, padre del futuro Giuliano l'Apostata, e Delmazio senior. Diversi anni prima del matrimonio, però, aveva avuto un figlio di nome Costantino da Elena, donna di umili origini con la quale aveva convissuto in regime di concubinato, come allora si usava quando le differenze di ceto sociale non consentivano l'unione legale. Alla morte di Costanzo Cloro, fu Costantino, allora trentenne, ad assumere, per ragione di età e di esperienza (i figli di Teodora erano piccoli), l'eredità paterna; la famiglia di Teodora visse così all'ombra di Costantino. Divenuto imperatore, Costantino condivise con i figli la responsabilità di governo, sicché Costantino jr. ebbe la Spagna, la Gallia e la Britannia, Costante l'Italia, l'Illiria e l'Africa e Costanzo le province asiatiche e l'Egitto, mentre Costantino mantenne per sé la penisola balcanica. Prima di morire, nel 337, Costantino si ricordò nel testamento dei nipoti, Delmazio jr e Annibaliano, figli di Delmazio senior, fratellastro di Costantino e ad essi lasciò rispettivamente la penisola balcanica e il governo dell'Armenia e della costa del Ponto. Ciò fu causa della loro disgrazia: alla notizia della morte del padre, Costanzo si precipitò a Costantinopoli dove organizzò una rivolta contro gli zii e cugini discendenti di Teodora. Due fratellastri di Costantino, tra cui Delmazio senior e il padre di Giuliano e sette suoi nipoti, tra cui Delmazio jr. e Annibaliano, furono trucidati. Per caso si salvarono dal massacro Giuliano che all'epoca aveva sei anni e il fratello Gallo che ne aveva 12. Il crudele e sospettoso Costanzo risparmiò loro la vita ma li relegò in due diverse città dell'Asia Minore. I ragazzi furono posti sotto la guida di maestri cristiani, che spiavano i loro minimi movimenti e sotto la supervisione di Eusebio, vescovo ariano di Nicomedia. Così Giuliano ricevette le prime lezioni di cristianesimo da coloro che considerava nemici mortali e la dottrina cristiana gli fu presentata sotto l'aspetto più infelice di un'interminabile disputa tra ortodossi e ariani. A Giuliano il cristianesimo fu inculcato a forza ed egli, per un senso di istintiva difesa, fu costretto a mostrarsi convinto e fervente. Tuttavia, tra gli insegnanti che ebbe modo di frequentare, ne conobbe uno che lo introdusse di nascosto alla poesia e alla filosofia greca, poi, più tardi, seguì in gran segreto, all'insaputa dello zio, le lezioni di un famoso retore pagano, Libanio. Avvenne quindi in quegli anni la conversione al paganesimo e l'odio verso i cristiani: erano stati costoro che gli avevano ucciso il padre, loro che l'avevano tenuto per anni in esilio, loro che gli avevano negato la conoscenza del mondo classico. Giuliano abbracciò così il neoplatonismo che, rispetto al cristianesimo, presentava il vantaggio di rimanere nel campo dell'antica cultura e del vecchio politeismo. Poi venne anche per lui il momento di comandare. La svolta si ebbe poco dopo la morte del fratello Gallo (354); Costanzo, che pure l'odiava, non aveva eredi e quindi, dopo avergli conferito il titolo di Cesare, lo inviò in Gallia a difendere il confine renano. Sul campo il filosofo si rivelò buon generale riuscendo a sopraffare gli Alemanni e più tardi i Franchi. La crisi con Costanzo intervenne nel 359, quando il re persiano Sapore II passò il Tigri e attaccò i territori romani. Costanzo, impegnato sul Danubio a contrastare i Quadi e i Dalmati, ordinò a Giuliano di inviare dei reparti ausiliari ma questi oppose un rifiuto perché, in forza di un trattato concluso con i barbari che servivano nel suo esercito, si era impegnato a non utilizzarli fuori dalla Gallia. Scoppiò così una rivolta che terminò nel 360 con l'acclamazione di Giuliano ad Augusto. Di lì il passo fu breve, l'occidente fu dalla sua parte, Costanzo non volle riconoscerlo e mosse contro di lui ma la morte lo colse all'improvviso e Giuliano fu riconosciuto augusto da tutto l'impero. (5)Mentre il significato della leggenda allusiva del "ritorno dei tempi felici" (forse quelli in cui Roma riusciva ancora a mantenere l'ordine interno e a proteggere la popolazione dalle invasioni) è trasparente, non del tutto certa è l'espansione della leggenda, FELix TEMPorvm REPARATIO oppure FELicium TEMPorum REPARATIO oppure FELicis TEMPoris REPARATIO. Sulle FEL TEMP REPARATIO (in breve, FTR) ha scritto un interessante articolo Dough Smith (v. http://dougsmith.ancients.info/ftr.html) da cui attingerò per la breve sintesi che segue. La riforma monetaria del 348 di Costante e Costanzo II portò in circolazione tre nominali in bronzo argentato, nei seguenti tipi, tutti caratterizzati dalla leggenda del rovescio FTR:
Il "Cavaliere disarcionato" fu coniato grosso modo in quattro varianti. Tutte avevano in comune la presenza di un cavaliere ferito a morte da una lancia. La prima mostra il cavaliere in ginocchio a terra dinanzi al cavallo. La seconda lo mostra seduto a terra davanti al cavallo. La terza, che è quella pertinente alla moneta di figura, lo vede ancora in arcioni ma con il braccio e la testa protesi all’indietro verso l'aggressore. L'ultima lo vede schiantarsi a terra abbracciato al collo del cavallo. Come giustamente osserva Dough Smith il "Cavaliere disarcionato" è una tipica moneta da collezione perché soddisfa tre criteri:
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