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L'ingresso di Filippo I
l'Arabo |
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Peso 4,13±0,01g - Diametro 21,5±0,5 mm - Asse 1h |
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Duisburg, 19.8.2010
Di seguito riporto
gli elementi che mi è stato possibile raccogliere
sulla moneta di figura:
Antoniniano (argento)1, zecca di Roma, 244÷247 d. C.2, RIC IV/III 26b (pag. 71), Cohen V 3 (pag. 95), indice di rarità "c". Descrizione
sommaria: La ricerca nel web di monete della stessa tipologia ha prodotto i seguenti risultati:
Giulio De Florio ----------
(2) La moneta è priva di riferimenti cronologici diretti e pertanto, secondo il RIC, può essere ascritta solo genericamente al lasso temporale compreso tra l'ascesa di Filippo I e quella del figlio Filippo II. Devo aggiungere però che, secondo studi più recenti (v. Tableau des émissions monétaires de l’atelier de Rome di Jérôme Mairat della Compagnie Generale de Bourse), la moneta sarebbe stata battuta nel 245 dalla seconda delle sei officine della zecca di Roma, come quarta emissione del regno di Filippo. (3) IMPerator Marcus IVLius PHILIPPVS PIVS AVGustus (agosto/settembre 244 - fine settembre 249). Marco Giunio Filippo, noto come l'Arabo perché nato nella colonia araba di Bostra (città dell'attuale alta Giordania, nei pressi del confine con la Siria e Israele), aveva intrapreso la carriera militare e svolgeva il suo servizio in Oriente al tempo in cui, a causa della minaccia persiana, il giovane sovrano regnante Gordiano III (diciannovenne all'epoca dei fatti) accorreva in Oriente insieme al proprio suocero-tutore e prefetto del pretorio, Timesiteo, per la difesa del confine orientale. Durante il viaggio verso il teatro delle operazioni Timesiteo era morto misteriosamente e Marco Giunio Filippo ne aveva preso il posto nell'incarico di prefetto del pretorio. Ma l'ambizioso Filippo, non contento di governare attraverso e per conto di Gordiano, creò difficoltà tra il sovrano e le truppe, gradualmente ne discreditò l'autorità sino a farlo assassinare per farsi poi acclamare imperatore. A dispetto del modo violento con cui era salito al potere, egli mostrò successivamente saggezza e moderazione nell'azione di governo. Conclusa in fretta (alcuni sostengono troppo in fretta) la pace con i Persiani, si spostò immediatamente a Roma. Conscio del pericolo che su di lui incombeva se privo di un successore, egli si mosse immediatamente per creare una dinastia, conferendo alla propria moglie Otacilia Severa il titolo di Augusta ed elevando il figlio Filippo, prima al rango di Cesare e poi a quello di Augusto (Filippo II, anno 247). Inoltre attribuì incarichi importanti ai propri familiari nella speranza di creare intorno a sé una fascia di protezione contro possibili congiure. Tuttavia non seppe prevedere che l'incapacità delle persone che lo circondavano avrebbe suscitato rancori invece che promuovere concordia. Nel 248 Filippo riuscì a bloccare la minaccia dell'invasione dei Quadi e dei Carpi che avevano invaso la Dacia, ma subito scoppiò la rivolta di Pacatiano nella Mesia Superiore (al confine danubiano). Decio, un abile generale, comandante delle truppe in Pannonia, inviato a reprimere la rivolta, riuscì nell'intento ma, a sua volta, si ribellò e mosse alla volta dell'Italia contro il suo sovrano. I due eserciti si scontrarono a Verona nel 249 in una battaglia nella quale Filippo fu sconfitto e ucciso insieme al figlio. Per altre notizie sulla vita di Filippo I è possibile consultare l'Enciclopedia Treccani nella versione on line (v. link). (4) ADVENTUS AVGG (L'ingresso degli Augusti). Traggo dalla "Historia Numorum Dictionary of Roman Coin" dello Stevenson le note che seguono sull'ingresso degli imperatori: "Iscrizioni di questo tipo commemorano l'ingresso a Roma degli imperatori all'inizio del mandato, o al ritorno da un viaggio. Possono anche riferirsi all'ingresso in qualche città o provincia dell'impero. In occasione dell'ascesa al trono, gli imperatori non entravano in città su un carro, né su un qualsiasi altro veicolo, ma procedevano a cavallo, talvolta anche a piedi; questa era la loro prima apparizione in pubblico nella capitale del mondo romano. L'ingresso a cavallo è testimoniato dalle monete, con il tipo del cavaliere e la leggenda ADVENTVS AVG o AVGG, quello a piedi è riferito da Dione Cassio in un resoconto sull'arrivo a Roma di Settimio Severo". La leggenda dell'ADVENTVS compare sulle monete di Nerone, Traiano, Adriano, M. Aurelio, Commodo, Sett. Severo, Volusiano, Valeriano, Gallieno, Caro, Claudio Gotico, Tacito, Probo, Diocleziano, Massimiano Erculeo, Carausio, Alletto, Constantino, Gioviano e si accompagna generalmente all'immagine del sovrano che procede a cavallo con la mano destra alzata, talora preceduto da una Vittoria, talaltra da vessilliferi. |
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