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Giulia Domna e Cibele, patrona di Tomi
19.8.2017
..da lamoneta.it.
Vorrei l'aiuto degli amici del forum per la classificazione di questa moneta. credo si tratti di julia domna. Qualche colonia greca. (probabilmente Cybele ????)
18mm - 3,59g.
Quanto può valere?
grazie.
fig. 1
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Duisburg, 26.8.2017
Egregio,
di seguito riporto gli elementi significativi riguardanti la moneta di figura:

K181, zecca di Tomi2, 193÷217 d.C., AMNG I/II 2823 (pag. 733)3, Varbanov I 4883.

Descrizione sommaria (sono indicate in rosso le parti della leggenda non più leggibili):
D. IΟΥΛ ΔOM-NA AΥΓ
εC4. Giulia Domna, busto drappeggiato a destra.
R. MΗΤΡΟΠ ΠΟΝΤ-ΟΥ ΤΟΜΕΩN5. Cibele6, vestita di chitone e ἱμάτιον7, kalathos sulla testa, assisa a sinistra a gambe incrociate su un trono senza spalliera, patera nella mano destra estesa, sinistra su un timpano.

La ricerca nel web di monete della tipologia di figura ha dato luogo ai seguenti risultati:

  1. https://www.acsearch.info/search.html?id=979022 Auktionshaus H. D. Rauch GmbH http://www.hdrauch.com/ Auction Numismata Wien 2011 320 15. Apr. 2011 Description: RÖMISCHE KAISERZEIT Iulia Domna (193-217) (D) Lokalbronze (3,12g), Tomis (Moesia Inferior). Av.: Büste mit Drapierung n.r. Rv.: Kybele mit Patera und l. Arm auf Tympanon gestützt auf Thron n.l. -- Künstliche Patina (Lack). Varbanov 4883var (Av.- Leg.), AMNG I/1 733.2823var. f.vzgl.
  2. http://www.forumancientcoins.com/gallery/displayimage.php?pos=-92633 Julia Domna, Tomis Julia Domna AE 19mm; 3.5g; Tomis, Moesia Inferior IOVLIA DOMNA CEB draped bust right MHTPOPPONTOVTOMEWC Cybele seated left, holding patera and resting arm on drum Varb. 4883 = AMNG 2823.
  3. https://www.acsearch.info/search.html?id=736259 Classical Numismatic Group, Inc. http://www.cngcoins.com/ Electronic Auction 228 194 24. Feb. 2010 Description: MOESIA INFERIOR, Tomis. Julia Domna. Augusta, AD 193-217. Æ 17mm (3.46g, 12h). Draped bust right / Kybele seated left, left elbow resting on drum, holding phiale. AMNG I 2823; Varbanov 4883. Good VF, dark brown patina, light roughness. From the J.P. Righetti Collection, 10281.
Concludo osservando che, per quanto consentito da un'osservazione a distanza, le caratteristiche fisiche, generali e di stile della moneta appaiono non difformi da quelle dei conî autentici d'epoca. Quanto al valore, non avrei altro da aggiungere a quanto suggerito dal forum.

Un saluto cordiale.
Giulio De Florio
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Note:


(1) La sigla K18 indica che la moneta è di bronzo (K=Kupfer), con un diametro di circa 18mm. Di seguito riporto le caratteristiche fisiche delle monete della tipologia di figura tratte dai link di cui sopra e da AMNG:
Riferimenti Peso (g.) Diametro (mm) Asse di conio (ore)
Link1 3,12 - -
Link2 3,5 19 -
Link3 3,46 - 12
AMNG1 2,85 18 -
AMNG2 3,70 18 -
AMNG3 3,60 18 -
AMNG4 3,50 18 -
Si evince dalla tabella che le caratteristiche fisiche della moneta di figura (3,59g, 18mm, 12h) rientrano nei margini di variabilità delle monete d'epoca circolanti a Tomi.
(2) TOMIS (Τόμις, Τομεύς, Tomi, Tomis). Tomi (v. mappa) sorgeva nei pressi di Costanza, sulla costa del Mar Nero, come si deduce da numerose iscrizioni pervenute ai nostri giorni. Colonia ionica di Mileto, fondata come semplice emporio forse verso la fine del VII sec. a. C., Tomi ha vissuto a lungo modestamente, sotto la forma di un insignificante πολίχνιον. È ricordata per la prima volta dalle fonti storiche nel III sec. a. C. quando venne contesa tra le due città pontiche di Histria e Callatis e, grazie all'aiuto di Bisanzio, riuscì a conservare la propria autonomia. Nel 29 a.C. i Romani si impossessarono della regione sconfiggendo gli Odrisi e annessero all'Impero romano l'intero territorio fino al Danubio con il nome di Limes Scythicus. Nell'8 d.C. il poeta Ovidio (43 a.C. - 17 d.C.) di Sulmona ("Sulmo mihi Patria est") vi fu esiliato dopo essere caduto in disgrazia presso l'imperatore Augusto, a causa di un misterioso "carmen et error" e ivi morì nove anni dopo, nonostante le ripetute suppliche affinché fosse sottratto a quell'esilio in mezzo a genti barbare, come egli stesso le definisce nei Tristia ed Epistulae ex Ponto, fonti preziose d'informazione sulla regione e sulla vita di Tomi, un'area ancora ben lungi dall'essere pacificata. Consolidata la frontiera danubiana dell'Impero Romano ai tempi di Tiberio, Tomi cominciò a prosperare sino a divenire in breve la più importante città del Mar Nero. Il suo sviluppo sarà ininterrotto e continuerà a battere monete proprie con l'effigie degli imperatori romani sino a Filippo l'Arabo.
(3) AMNG I/II 2823 riporta l'esistenza di quattro monete della tipologia di figura, tre delle quali battute con lo stesso conio del rovescio. Ciò consente di assumere con una certa tranquillità, come leggenda del rovescio della moneta in esame, quella sviluppata nella "descrizione sommaria", pur in assenza delle lettere evidenziate dal colore rosso.
La leggenda del dritto, riportata dal catalogo AMNG, è: IΟΥΛ ΔOM-NA AΥΓ εC. Nel forum di numismatica di Yahoo Moneta-L ci si è chiesti se le ultime due lettere della citata leggenda non vadano invertite ed interpretate come Cε, derivando da un ripetuto errore di conio (Stempelfehler) evidenziato dall'autore del catalogo in occasioni precedenti. In tal senso va letta l'espansione della leggenda di cui alla nota 4 successiva.
(4) IΟΥΛ ΔOMNA AΥΓ εC, da espandere: IΟΥΛία ΔOMNA AΥΓούστα Cεβαστή (lat. IVLIA DOMNA AVGVSTA SEBASTE, con una certa ridondanza di appellativi dall'identico significato).
Storia. Interessante la storia di Giulia Domna nel segno degli astri. L'oroscopo le fece credere che un giorno sarebbe diventata regina. Suo padre, Giulio Bassiano (nome che Giulia avrebbe poi trasmesso al figlio Caracalla), era sacerdote e custode di un tempio di Emesa in Siria dove si venerava il frammento di una stella caduta dal cielo. Settimio Severo, generale romano, da poco vedovo e credente negli astri a lui si era rivolto per un presagio sul proprio futuro. Fu così che i destini di colei che prevedeva di diventare regina e di colui che aveva tutta l'ambizione di diventare re si incrociarono e l'unione fatale fu inevitabile. La grande occasione per Settimio Severo si presentò nel 193 d. C. quando, alla morte di Pertinace, i pretoriani misero all'asta al migliore offerente il seggio imperiale. Concorsero l'effimero Didio Giuliano, che durò come imperatore appena 66 giorni prima di essere ucciso dagli stessi pretoriani, poi Pescennio Nigro, Clodio Albino e Settimio Severo che prevalse sui suoi avversari e avviò a Roma una monarchia ereditaria di stampo militare. Egli governò sino al 211, anno della morte. Giulia si fece conoscere nei salotti romani per le doti di intelligenza e cultura, sino a diventare punto di riferimento per la vita religiosa e filosofica del tempo. L'influenza che esercitò anche nella vita politica trova riscontro sul rovescio di quelle monete che parlano di lei come di "Mater Senatus" e "Mater Patriae". Altre monete narrano la sua influenza nell'ambito militare ("Mater Castrorum"). Giulia dette al sovrano due figli maschi, Caracalla e Geta (e alcune femmine non passate alla storia), purtroppo inetti e incapaci a cui il padre volle tuttavia concedere il titolo di Augusti, rispettivamente nel 198 e nel 209. I due fratelli non andavano molto d'accordo ma Giulia cercò di stemperarne il carattere. Alla morte di Settimio Severo fu lei che dietro le quinte seguì gli affari di stato senza tuttavia riuscire ad impedire il peggio. Si narra che Caracalla, stanco di condividere il potere con il fratello, lo uccidesse nel 212 alla presenza della madre e ne decretasse la "damnatio memoriae". Nonostante il dolore per la perdita del figlio, Giulia appoggiò quello superstite il cui governo fu caratterizzato dalla crudeltà verso gli avversari o sospetti tali e dalla stravaganza nei comportamenti. Nel 217, mentre era in viaggio in Mesopotamia da Edessa a Carrhae dove intendeva visitare un celebre tempio dedicato al siriano dio Lunus, Caracalla fu ucciso da un soldato della guardia del corpo su istigazione di Macrino, capo dei pretoriani, e Giulia finì esiliata ad Antiochia. Il dolore per la perdita dell'ultimo maschio e del potere di cui disponeva la portarono nello stesso anno al suicidio attraverso il rifiuto del cibo. Chi sa cosa le stelle le avevano predetto!
(5) MΗΤΡΟΠ ΠΟΝΤΟΥ ΤΟΜΕΩN, da espandere ΜΗΤPOπόλεως ΠΟΝΤΟΥ ΤΟΜΕΩC, genitivo etnico indicante lo stato emittente, la città metropolitana Tomi Pontica. Con il termine Metropoli, si sottintende una città che, all'interno di una data estensione di territorio, vanta un certo rango al di sopra di altre minori e su di esse esercita una sorta di diritto. La prima documentazione epigrafica in cui Tomi appare come "metropoli" è reperibile tra le monete di Antonino Pio (v. ad es. il link).
(6) Cibele, riconoscibile per via del copricapo (detto Kalathos o polos, comune a diverse divinità, per lo più femminili) e del timpano, strumento a percussione utilizzato nei riti. La Cibele conosciuta dai Greci (v. link) e il cui culto, accolto da Roma all’inizio del 2° sec. a.C., fu poi diffuso in tutto il mondo romano, è la stessa già venerata dai Frigi, che aveva a Pessinunte (in Anatolia, v. mappa) il suo santuario principale. Caratteristica primaria del culto era l’orgiasmo sfrenato: i devoti si esaltavano al fragore di timpani, cembali, flauti, nacchere; il culmine parossistico doveva essere raggiunto nelle grandi solennità di Cibele e di Attis, connesse con il risorgere della vegetazione: all’esaltazione sonora si aggiungevano le pratiche autolesive. Cibele soprintendeva alla fertilità della terra e insieme era la sovrana della natura vergine e incontaminata (in questa sua qualità era la ‘Signora delle belve’, collegata soprattutto con il leone), era protettrice delle città (donde l’attributo della corona turrita) e abitante nei recessi delle montagne. In Grecia il culto cibelico assunse il greco come lingua rituale, che restò tale anche nell’ulteriore diffusione in Italia e nell’Occidente romano (Magna Mater).
(7) I panni indossati dalla dea comprendono il chitone (dal greco χιτών, tunica senza maniche, confezionata con un telo cucito come un sacco senza fondo, fermato sulle spalle da due fibule) e l'himation (dal greco ἱμάτιον, indumento che si portava sopra una spalla, e non richiedeva di essere fissato tramite una fibula).
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