Indice Dietro Avanti
Giuliano l'Apostata e il toro
Roma, 17.5.2006
Buona sera Signor De Florio, 
Questa è un’altra moneta di cui mi trovo in possesso, spero che dalle immagini e con la sua esperienza si possa capire l’eventuale autenticità. Comunque mi interesserebbe moltissimo conoscere il suo parere sulla sua provenienza, spero che mi possa essere di aiuto.
Allego le immagini elencandone i dati caratteristici: 
-Peso: gr. 6,6 c.a. 
-Diametro: da un min di mm. 24,0 c.a. ad un max di mm. 27,0. 
-Magnetica: NO 
-Materiale: Presumo possa essere bronzo
-Colore: Scuro 
-Asse di conio: direi 180° c.a. 
La ringrazio vivamente della consulenza e resto in attesa della sua risposta 
Cordiali saluti 
fig. 1
Cliccare sulle immagini per ingrandire
Roma, 19.5.2006
Egregio Lettore,
a causa dello stato di usura non è possibile classificare in modo completo la moneta di figura, essendo andata perduta la leggenda d'esergo che costituisce la base per la catalogazione delle monete romane del quarto secolo della nostra era. Il tipo del rovescio (il toro con due stelle sopra la testa) rimanda alla monetazione di Giuliano l'Apostata e ciò rende possibile ricostruire, in termini di probabilità, gli aspetti essenziali originali della moneta:

AE 1, zecca incerta, 361-363 d. C.

Descrizione sommaria (sono indicate in rosso le parti della leggenda usurate):

D. DN FL CL IVLI ANVS PF AVG1. Giuliano, busto coronato a destra.
R. SECVRITAS REIPVB2. Toro3 con la testa di fronte, stante a destra, al di sopra due stelle.

La riforma di Giuliano in campo monetario prevedeva due nuovi nominali, in rapporto reciproco di c. 1:10 per quanto riguarda il contenuto in argento4,

  • un Æ 1 di biglione (lega di argento e rame) di  8,25g., così costituito:
  • rovescio: SECVRITAS REI PVB. Toro, con al di sopra due stelle;
    dritto: lunga leggenda, busto normale;
  • un Æ 3 di bronzo di 2,95g., così costituito:
  • rovescio: VOT X MVLT XX all'interno di una corona;
    dritto: lunga leggenda, testa volta a sinistra, busto armato ed elmato.
La sua moneta, del diametro di 24-27 mm, apparteneva dunque al primo gruppo e fu coniata tra il 361 e il 363; di essa si conoscono numerose varianti, nel dettaglio descritte nel sito: http://www.catbikes.ch/coinstuff/julian-bulls.xls. Purtroppo, come accennato, lo stato di usura non consente di riconoscere a quale delle varianti la moneta sia ascrivibile.

Nei siti:

sono presenti numerosi esemplari di questa tipologia monetale. Una moneta della stessa tipologia è stata in passato oggetto di esame in altra pagina di questo sito (cliccare qui).

Concludo osservando che il bordo delle monete originali di Giuliano è di solito perlinato, mentre non lo è quello di questa. D'altra parte ciò potrebbe essere addebitabile allo stato di usura. Anche il peso è un po' al di sotto della norma (8,25g) ma nel data base dell'American Numismatic Society (ANS) si trovano esempi di pesi dell'ordine dei 6-7g associati a questa tipologia monetale. Ho precedentemente indicato che sulla moneta sarebbe ancora leggibile parte ("IVLI") della leggenda del dritto ma devo ammettere che si tratta di un tentativo generoso ma non certo di interpretazione. Sempre a causa del pessimo stato di conservazione la moneta ha oggi, a mio avviso, scarso valore venale e questo in qualche modo la salvaguarda dai rischi di una contraffazione moderna, non eventualmente di quella antica che non mi sentirei di escludere del tutto.

Un saluto cordiale.
Giulio De Florio

------------------------------- 
Note:
 
(1)La leggenda del dritto è, molto probabilmente, quella sopra indicata che per esteso si legge: Dominvs Noster FLavivs CLaudivs IVLIANVS Pius Felix AVGvstvs. Flavio Claudio Giuliano, fu chiamato dai suoi contemporanei l'Apostata, dal greco  (der. dal verbo  «distaccarsi»), perché, battezzato ed educato alla fede cristiana, ad un certo punto della vita l'aveva rinnegata per il paganesimo. Non si può spiegare l'apostasia di Giuliano senza tornare indietro alle origini della sua famiglia. Il nonno di Giuliano, l'imperatore Costanzo Cloro, aveva avuto sei figli legittimi dalla moglie Teodora, tra questi Giulio Costanzo, padre di Giuliano, e Delmazio senior. Diversi anni prima del matrimonio, però, aveva avuto un figlio di nome Costantino da Elena, una donna di umili origini con la quale aveva convissuto in regime di concubinato, come allora si usava quando le differenze di ceto sociale non consentivano l'unione legale. Alla morte di Costanzo Cloro, fu Costantino, allora trentenne, ad assumere, per ragione di età e di esperienza (i figli di Teodora erano piccoli), l'eredità paterna; la famiglia di Teodora visse così all'ombra di Costantino. Divenuto imperatore, Costantino condivise con i propri figli la responsabilità di governo, sicché Costantino jr. ebbe la Spagna, la Gallia e la Britannia, Costante l'Italia, l'Illiria e l'Africa e Costanzo le province asiatiche e l'Egitto, mentre Costantino mantenne per sè la penisola balcanica. Prima di morire, nel 337, Costantino si ricordò nel testamento dei nipoti, Delmazio jr e Annibaliano, figli di Delmazio senior, fratellastro, come si è detto, di Costantino e ad essi lasciò rispettivamente la penisola balcanica e il governo dell'Armenia e della costa del Ponto. Ciò fu causa della loro disgrazia: alla notizia della morte del padre, Costanzo si precipitò a Costantinopoli dove organizzò una rivolta contro gli zii e cugini discendenti di Teodora. Due fratellastri di Costantino, tra cui Delmazio senior e il padre di Giuliano e sette suoi nipoti, tra cui Delmazio jr. e Annibaliano, furono trucidati. Per caso si salvarono dal massacro Giuliano che all'epoca aveva sei anni e il fratello Gallo che ne aveva 12. Il crudele e sospettoso Costanzo risparmiò loro la vita ma li relegò in due diverse città dell'Asia Minore. I ragazzi furono posti sotto la guida di maestri cristiani, che spiavano i loro minimi movimenti e sotto la supervisione di Eusebio, vescovo ariano di Nicomedia. Così Giuliano ricevette le prime lezioni di cristianesimo da coloro che considerava nemici mortali e la dottrina cristiana gli fu presentata sotto l'aspetto più infelice di un'interminabile disputa tra ortodossi e ariani. A Giuliano il cristianesimo fu inculcato a forza ed egli, per un senso di istintiva difesa, fu costretto a mostrarsi convinto e fervente. Tuttavia, tra gli insegnanti che ebbe modo di frequentare, ne conobbe uno che lo introdusse di nascosto alla poesia e alla filosofia greca, poi, più tardi, seguì in gran segreto, all'insaputa dello zio, le lezioni di un famoso retore pagano, Libanio. Avvenne quindi in quegli anni la conversione al paganesimo e l'odio verso i cristiani: erano stati costoro che gli avevano ucciso il padre, loro che l'avevano tenuto per anni in esilio, loro che gli avevano negato la conoscenza del mondo classico. Giuliano abbracciò così il neoplatonismo che, rispetto al cristianesimo, presentava il vantaggio di rimanere nel campo dell'antica cultura e del vecchio politeismo. Poi venne anche per lui il momento di comandare. La svolta si ebbe poco dopo la morte del fratello Gallo; Costanzo, che pure l'odiava, non aveva eredi e quindi, dopo avergli conferito il titolo di Cesare, lo inviò in Gallia a difendere il confine renano. Sul campo il filosofo si rivelò buon generale riuscendo a sopraffare gli Alemanni e più tardi i Franchi. La crisi con Costanzo intervenne nel 359, quando il re persiano Sapore II passò il Tigri e attaccò i territori romani. Costanzo, impegnato sul Danubio a contrastare i Quadi e i Dalmati, ordinò a Giuliano di inviare dei reparti ausiliari ma questi oppose un rifiuto perché in forza di un trattato concluso con i barbari che servivano nel suo esercito, si era impegnato a non utilizzarli fuori dalla Gallia. Scoppiò così una rivolta che terminò nel 360 con l'acclamazione di Giuliano ad Augusto. Di lì il passo fu breve, l'occidente fu dalla sua parte, Costanzo non volle riconoscerlo e mosse contro di lui ma la morte lo colse all'improvviso e Giuliano fu riconosciuto augusto da tutto l'impero. Con l'avvento al potere Giuliano cercò di ostacolare la diffusione del cristianesimo. Pur non abolendo l'editto di Milano del 313 con cui alla religione cristiana erano stati riconosciuti pari diritti con i culti pagani, esercitò un'azione di propaganda ideologica scrivendo, ad esempio, l'opera "contro i Cristiani" nella quale, valendosi della profonda conoscenza della letteratura cristiana, contrastò la dogmatica cristiana. Poi privò il clero cristiano dei privilegi che gli erano stati concessi dai sovrani precedenti, da Costantino in poi. Nel 362 emanò un editto con cui proibiva ai filosofi, grammatici e retori cristiani di insegnare nelle scuole. Successivamente, permettendo il rientro a Costantinopoli dei cristiano-ortodossi che erano stati esiliati da Costanzo (che era di fede ariana), ridette l'avvio ai dissensi tra le due componenti religiose. Infine pretese la restituzione agli antichi proprietari dei beni loro sequestrati per motivi religiosi con un editto da cui trassero vantaggio essenzialmente i templi pagani. Per contro cercò di creare un vero clero professionale e una gerarchia all'interno della religione pagana e di innovarne i contenuti con elementi tipici del cristianesimo, come la conduzione di una vita ineccepibile, l'astensione dalle frivolezze, la beneficenza. Il suo messaggio fu recepito da alcuni e respinto da altri che deridevano l'imperatore per la sua devozione e per la vita monastica. La tragedia per Giuliano fu quella di dover constatare di persona che proprio Antiochia, la città che aveva eletta a sua capitale, si facesse gioco di lui con lazzi ed insulti, tanto che giurò di non farvi più ritorno. Ma ormai anche il destino di Giuliano stava per compiersi: partito con un potente esercito per combattere contro i Persiani, fallì nel tentativo di conquistarne le città più importanti e perì in battaglia il 26 giugno del 363 durante un improvviso attacco. [Le notizie storiche sopra riportate sono liberamente tratte da Storia di Roma - S.I. Kovaliov].
(2)La leggenda del rovescio è quasi certamente, SECVRITAS REIPVBlicae. La sicurezza della Repubblica. 
(3)Resta da spiegare il significato di questo tipo del "Toro". Nella sua invettiva contro gli abitanti di Antiochia, di cui si è fatto cenno in calce alla nota 1, Giuliano riferisce che essi lo beffeggiavano proprio per la tipologia di questa moneta, senza accennare per altro ad alcuna chiave di lettura. Nel corso del  tempo la moneta è stata variamente interpretata; alcuni hanno suggerito che il toro fosse il toro sacro Apis ritrovato alla fine del 362, altri un animale destinato al sacrificio, altri che si trattasse del segno zodiacale del sovrano, per altro non riportato da alcuna fonte, altri che volesse simboleggiare l'imperatore come guardiano del suo popolo. RIC VIII ritiene più fondata una delle due ultime ipotesi ma non sceglie tra le due.
(4)Si parla comunque di percentuali molto basse di argento che, per la moneta più grande, oscillavano tra 1,44% e il 2,9%, a seconda del metodo utilizzato in epoca moderna per effettuare la misura.

Indice Dietro Avanti