Roma, 19.5.2006
Egregio
Lettore,
a causa dello
stato di usura non è possibile classificare in modo
completo la moneta di figura, essendo andata perduta
la leggenda d'esergo che costituisce la base per la
catalogazione delle monete romane del quarto secolo
della nostra era. Il tipo del rovescio (il toro con
due stelle sopra la testa) rimanda alla monetazione di
Giuliano l'Apostata e ciò rende possibile ricostruire,
in termini di probabilità, gli aspetti essenziali
originali della moneta:
AE 1, zecca
incerta, 361-363 d. C.
Descrizione sommaria (sono indicate in rosso le
parti della leggenda usurate):
D.
DN FL CL IVLI ANVS PF AVG1.
Giuliano, busto coronato a destra.
R. SECVRITAS REIPVB2.
Toro3
con la testa di fronte, stante a destra, al di sopra
due stelle.
La riforma di Giuliano in campo monetario prevedeva
due nuovi nominali, in rapporto reciproco di c. 1:10
per quanto riguarda il contenuto in argento4,
- un Æ 1 di biglione (lega di argento e rame)
di 8,25g., così costituito:
rovescio: SECVRITAS REI PVB. Toro, con al di sopra
due stelle;
dritto: lunga leggenda, busto normale;
- un Æ 3 di bronzo di 2,95g., così costituito:
rovescio: VOT X MVLT XX all'interno di una corona;
dritto: lunga leggenda, testa volta a sinistra,
busto armato ed elmato.
La sua moneta, del diametro di 24-27 mm, apparteneva
dunque al primo gruppo e fu coniata tra il 361 e il
363; di essa si conoscono numerose varianti, nel
dettaglio descritte nel sito: http://www.catbikes.ch/coinstuff/julian-bulls.xls.
Purtroppo, come accennato, lo stato di usura non
consente di riconoscere a quale delle varianti la
moneta sia ascrivibile.
Nei siti:
sono presenti numerosi esemplari di questa tipologia
monetale. Una moneta della stessa tipologia è stata in
passato oggetto di esame in altra pagina di questo
sito (cliccare qui).
Concludo osservando che il bordo delle monete
originali di Giuliano è di solito perlinato, mentre
non lo è quello di questa. D'altra parte ciò
potrebbe essere addebitabile allo stato di usura.
Anche il peso è un po' al di sotto della norma
(8,25g) ma nel data base dell'American
Numismatic Society (ANS) si trovano esempi di
pesi dell'ordine dei 6-7g associati a questa
tipologia monetale. Ho precedentemente indicato che
sulla moneta sarebbe ancora leggibile parte ("IVLI")
della leggenda del dritto ma devo ammettere che si
tratta di un tentativo generoso ma non certo di
interpretazione. Sempre a causa del pessimo stato di
conservazione la moneta ha oggi, a mio avviso,
scarso valore venale e questo in qualche modo la
salvaguarda dai rischi di una contraffazione
moderna, non eventualmente di quella antica che non
mi sentirei di escludere del tutto.
Un saluto cordiale.
Giulio De Florio
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Note:
(1)La leggenda
del dritto è, molto probabilmente, quella sopra
indicata che per esteso si legge: Dominvs Noster
FLavivs CLaudivs IVLIANVS Pius Felix AVGvstvs.
Flavio Claudio Giuliano, fu chiamato dai suoi
contemporanei l'Apostata, dal greco (der. dal
verbo «distaccarsi»),
perché, battezzato ed educato alla fede
cristiana, ad un certo punto della vita l'aveva
rinnegata per il paganesimo. Non si può spiegare
l'apostasia di Giuliano senza tornare indietro
alle origini della sua famiglia. Il nonno di
Giuliano, l'imperatore Costanzo Cloro, aveva
avuto sei figli legittimi dalla moglie Teodora,
tra questi Giulio Costanzo, padre di Giuliano, e
Delmazio senior. Diversi anni prima del
matrimonio, però, aveva avuto un figlio di nome
Costantino da Elena, una donna di umili origini
con la quale aveva convissuto in regime di
concubinato, come allora si usava quando le
differenze di ceto sociale non consentivano
l'unione legale. Alla morte di Costanzo Cloro,
fu Costantino, allora trentenne, ad assumere,
per ragione di età e di esperienza (i figli di
Teodora erano piccoli), l'eredità paterna; la
famiglia di Teodora visse così all'ombra di
Costantino. Divenuto imperatore, Costantino
condivise con i propri figli la responsabilità
di governo, sicché Costantino jr. ebbe la
Spagna, la Gallia e la Britannia, Costante
l'Italia, l'Illiria e l'Africa e Costanzo le
province asiatiche e l'Egitto, mentre Costantino
mantenne per sè la penisola balcanica. Prima di
morire, nel 337, Costantino si ricordò nel
testamento dei nipoti, Delmazio jr e
Annibaliano, figli di Delmazio senior,
fratellastro, come si è detto, di Costantino e
ad essi lasciò rispettivamente la penisola
balcanica e il governo dell'Armenia e della
costa del Ponto. Ciò fu causa della loro
disgrazia: alla notizia della morte del padre,
Costanzo si precipitò a Costantinopoli dove
organizzò una rivolta contro gli zii e cugini
discendenti di Teodora. Due fratellastri di
Costantino, tra cui Delmazio senior e il padre
di Giuliano e sette suoi nipoti, tra cui
Delmazio jr. e Annibaliano, furono trucidati.
Per caso si salvarono dal massacro Giuliano che
all'epoca aveva sei anni e il fratello Gallo che
ne aveva 12. Il crudele e sospettoso Costanzo
risparmiò loro la vita ma li relegò in due
diverse città dell'Asia Minore. I ragazzi furono
posti sotto la guida di maestri cristiani, che
spiavano i loro minimi movimenti e sotto la
supervisione di Eusebio, vescovo ariano di
Nicomedia. Così Giuliano ricevette le prime
lezioni di cristianesimo da coloro che
considerava nemici mortali e la dottrina
cristiana gli fu presentata sotto l'aspetto più
infelice di un'interminabile disputa tra
ortodossi e ariani. A Giuliano il cristianesimo
fu inculcato a forza ed egli, per un senso di
istintiva difesa, fu costretto a mostrarsi
convinto e fervente. Tuttavia, tra gli
insegnanti che ebbe modo di frequentare, ne
conobbe uno che lo introdusse di nascosto alla
poesia e alla filosofia greca, poi, più tardi,
seguì in gran segreto, all'insaputa dello zio,
le lezioni di un famoso retore pagano, Libanio.
Avvenne quindi in quegli anni la conversione al
paganesimo e l'odio verso i cristiani: erano
stati costoro che gli avevano ucciso il padre,
loro che l'avevano tenuto per anni in esilio,
loro che gli avevano negato la conoscenza del
mondo classico. Giuliano abbracciò così il
neoplatonismo che, rispetto al cristianesimo,
presentava il vantaggio di rimanere nel campo
dell'antica cultura e del vecchio politeismo.
Poi venne anche per lui il momento di comandare.
La svolta si ebbe poco dopo la morte del
fratello Gallo; Costanzo, che pure l'odiava, non
aveva eredi e quindi, dopo avergli conferito il
titolo di Cesare, lo inviò in Gallia a difendere
il confine renano. Sul campo il filosofo si
rivelò buon generale riuscendo a sopraffare gli
Alemanni e più tardi i Franchi. La crisi con
Costanzo intervenne nel 359, quando il re
persiano Sapore II passò il Tigri e attaccò i
territori romani. Costanzo, impegnato sul
Danubio a contrastare i Quadi e i Dalmati,
ordinò a Giuliano di inviare dei reparti
ausiliari ma questi oppose un rifiuto perché in
forza di un trattato concluso con i barbari che
servivano nel suo esercito, si era impegnato a
non utilizzarli fuori dalla Gallia. Scoppiò così
una rivolta che terminò nel 360 con
l'acclamazione di Giuliano ad Augusto. Di lì il
passo fu breve, l'occidente fu dalla sua parte,
Costanzo non volle riconoscerlo e mosse contro
di lui ma la morte lo colse all'improvviso e
Giuliano fu riconosciuto augusto da tutto
l'impero. Con l'avvento al potere Giuliano cercò
di ostacolare la diffusione del cristianesimo.
Pur non abolendo l'editto di Milano del 313 con
cui alla religione cristiana erano stati
riconosciuti pari diritti con i culti pagani,
esercitò un'azione di propaganda ideologica
scrivendo, ad esempio, l'opera "contro i
Cristiani" nella quale, valendosi della profonda
conoscenza della letteratura cristiana,
contrastò la dogmatica cristiana. Poi privò il
clero cristiano dei privilegi che gli erano
stati concessi dai sovrani precedenti, da
Costantino in poi. Nel 362 emanò un editto con
cui proibiva ai filosofi, grammatici e retori
cristiani di insegnare nelle scuole.
Successivamente, permettendo il rientro a
Costantinopoli dei cristiano-ortodossi che erano
stati esiliati da Costanzo (che era di fede
ariana), ridette l'avvio ai dissensi tra le due
componenti religiose. Infine pretese la
restituzione agli antichi proprietari dei beni
loro sequestrati per motivi religiosi con un
editto da cui trassero vantaggio essenzialmente
i templi pagani. Per contro cercò di creare un
vero clero professionale e una gerarchia
all'interno della religione pagana e di
innovarne i contenuti con elementi tipici del
cristianesimo, come la conduzione di una vita
ineccepibile, l'astensione dalle frivolezze, la
beneficenza. Il suo messaggio fu recepito da
alcuni e respinto da altri che deridevano
l'imperatore per la sua devozione e per la vita
monastica. La tragedia
per Giuliano fu quella di dover constatare di
persona che proprio Antiochia, la città che
aveva eletta a sua capitale, si facesse gioco di
lui con lazzi ed insulti, tanto che giurò di non
farvi più ritorno. Ma ormai anche il destino di
Giuliano stava per compiersi: partito con un
potente esercito per combattere contro i
Persiani, fallì nel tentativo di conquistarne le
città più importanti e perì in battaglia il 26
giugno del 363 durante un improvviso attacco.
[Le notizie storiche sopra riportate sono
liberamente tratte da Storia di Roma - S.I.
Kovaliov].
(2)La leggenda del rovescio
è quasi certamente, SECVRITAS REIPVBlicae. La
sicurezza della Repubblica.
(3)Resta da spiegare il
significato di questo tipo del "Toro". Nella sua
invettiva contro gli abitanti di Antiochia, di
cui si è fatto cenno in calce
alla nota 1, Giuliano riferisce che essi
lo beffeggiavano proprio per la tipologia di
questa moneta, senza accennare per altro ad
alcuna chiave di lettura. Nel corso del
tempo la moneta è stata variamente interpretata;
alcuni hanno suggerito che il toro fosse il toro
sacro Apis ritrovato alla fine del 362, altri un
animale destinato al sacrificio, altri che si
trattasse del segno zodiacale del sovrano, per
altro non riportato da alcuna fonte, altri che
volesse simboleggiare l'imperatore come
guardiano del suo popolo. RIC
VIII ritiene più fondata una delle due
ultime ipotesi ma non sceglie tra le due.
(4)Si parla comunque di
percentuali molto basse di argento che, per la
moneta più grande, oscillavano tra 1,44% e il
2,9%, a seconda del metodo utilizzato in epoca
moderna per effettuare la misura.
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