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Epitteto, il sesterzio e l'immagine dell'imperatore
9.6.2010
Gentile sig. De Florio,
vorrei chiederLe un parere riguardante un piccolo problema storico, non tanto una richiesta di consulenza su una moneta. In un passaggio del filosofo neostoico Epittèto (n. 50 d.C., m. 120 d.C. circa) si allude a un sesterzio di Nerone (το τετρασσαρον, l’autore scrive in greco) che sarebbe da rifiutare, da considerare cattivo, fuori corso, rispetto a un sesterzio di Traiano. Attraverso la metafora monetaria, Epittèto in pratica vuole contrapporre le qualità dell’uomo virtuoso (identificato col sesterzio di Traiano) contrapposto a quello vile (sesterzio di Nerone). Il testo esattamente dice (la traduzione dal greco è mia ma è sostanzialmente equivalente a quella di altre autorevoli traduzioni):

“Di chi ha il marchio/simbolo (χαρακτηρ) questo sesterzio (το τετρασσαρον)? Di Traiano? Prendi(lo)/accetta(lo) (v. φερω, imper.vo). Di Nerone? Buttalo via (v.
ριπτω, imper.vo), è senza valore/fuori corso legale (αδοκιμος), (è) cattivo (σαπρος).” Così (avviene) anche qui (nelle questioni morali). Quale marchio distintivo hanno le sue opinioni (morali) (τα δογματα αυτου)? (Il marchio) dell’(uomo) civile/educato, sociale, tollerante, che prova affetto. Dà, (lo) accetto, (lo) costituisco (mio) cittadino, (lo) accetto (come) vicino, (come) (un) compagno di navigazione. Guarda soltanto che non abbia il marchio/carattere (χαρακτηρ) di Nerone. E’ forse incline all’ira, collerico, incontentabile? “Se gli sembrerà il caso, colpirà in testa chi gli capita a tiro!” Perché dunque dicevi che (costui) è (un) essere umano? (Arr. Epict D. 4,5, vv. 16-18).
Le chiedo quindi, sperando che mi perdoni per la mia ignoranza numismatica: 1) Un sesterzio del tempo di Nerone (imperatore dal 54 al 68 d.C.) aveva ancora corso legale al tempo di Traiano (imp. dal 98 al 117 d.C.), nel periodo in cui questo discorso di Epittèto presumibilmente fu pronunciato? Poteva essere usato come moneta o fu abolito? 2) A me non risulta che Traiano abbia modificato il valore del sesterzio, sappiamo che Nerone fece una riforma monetaria riducendo il valore di alcune monete. Peraltro da quel che ho letto, neppure Nerone modificò il valore del sesterzio rispetto alla precedente riforma di Augusto. E’ corretto? Oppure vi furono riforme al tempo di Traiano e modifiche nel valore dei sesterzi? 3) Se ne concluderebbe, dunque, che il confronto è puramente metaforico, non allude al valore delle monete in sé, ma soltanto all’immagine, all’effige dell’imperatore, evidentemente Nerone al tempo era ancora considerato in modo negativo da molte persone. Cordiali saluti.
Roma, 18.6.2010
Egregio Lettore, 
la domanda è interessante ma la persona a cui è rivolta non possiede sfortunatamente una particolare competenza storica. Ciò nondimeno, nell'intento di assecondare la sua richiesta, senza pretesa di rigore scientifico, di seguito sottopongo alla sua attenzione gli elementi che, attraverso una ricerca condotta (ahimè) esclusivamente nel web, sono riuscito a raccogliere:

Innanzi tutto, chi era Epitteto. In proposito traggo dal sito http://en.wikipedia.org/wiki/Epictetus un sintetico profilo del filosofo:

"Epitteto era nato all’incirca nel 55 d. C. a Hierapolis in Frigia (nell'odierna Turchia sud occidentale, v. link). Il nome che gli fu dato dai genitori, posto che uno gli sia stato dato, è ignoto – in greco epitteto vuol dire soltanto “comprato”. Trascorse la giovinezza a Roma come schiavo di Epafrodito, il ricchissimo liberto, amico e segretario di Nerone. Studiò la filosofia stoica sotto Musonio Rufo, mentre era ancora schiavo. Si sa che era zoppo e, sebbene una fonte dica che la gamba gli fu rotta da Epafrodito, più affidabile sembra la testimonianza di Simplicio che fa risalire quel difetto fisico all’infanzia.
Non si sa in che modo Epitteto fu affrancato ma alla fine iniziò ad insegnare filosofia nella città di Roma. Intorno al 93 d. C. Domiziano espulse da Roma tutti i filosofi ed in seguito anche dall’Italia ed Epitteto si trasferì a Nicopoli di Epiro dove fondò la sua scuola di filosofia.
Il suo allievo più famoso, Arriano, da giovane studiò sotto di lui (c. 108 d. C.), per poi sostenere di aver stenografato i  suoi famosi  Discorsi durante le lezioni  ma alcuni studiosi ritengono invece che i Discorsi siano una composizione originaria di Arriano nell'alveo della letteratura  socratica. Arriano descrive Epitteto come un efficace oratore, in grado di “indurre  chi lo ascoltava a sentire ciò che Epitteto voleva che sentisse”. Molti importanti personaggi vollero entrare in contatto con lui e l’imperatore Adriano lo considerò amico e forse lo sentì parlare nella scuola di Nicopoli.
Visse con grande semplicità e con pochi mezzi. Ebbe una vita lunga ma in tarda età adottò il figlio di un amico che altrimenti sarebbe stato lasciato morire e lo accudì con l’aiuto di una donna. Morì attorno al 135. Dopo la morte un ammiratore acquistò una sua lampada per 3000 dracme."

Dal profilo suesposto si desumono alcuni aspetti significativi ai fini dell'indagine: alla morte di Nerone, l'allora quattordicenne Epitteto, nonostante la menomazione fisica e lo stato servile, viveva e studiava nella casa di Epafrodito il quale, evidentemente apprezzando le capacità intellettuali del ragazzo, gli consentiva di frequentare la scuola di Musonio Rufo. Quando nel 93 fu espulso da Roma, Epitteto, ormai affrancato, era un filosofo affermato e certamente bene introdotto nelle corti imperiali, quella di Nerone prima e dei Flavi poi. Dopo l'espulsione, il nostro si era trasferito a Nicopoli di Epiro. La città, sulla sponda ionica della Grecia, era stata fondata da Augusto con elementi greci (v. link, pag. 6) alle pendici della collina su cui aveva posto il suo accampamento e dall'alto della quale aveva assistito alla battaglia navale che lo aveva incoronato vincitore (Azio, 2 settembre del 31 a.C. - per i luoghi, assai suggestivi, della battaglia vedere il link). Da questo evento straordinario aveva preso le mosse la successiva trasformazione di Roma da Repubblica ad Impero. In quella città dunque Epitteto aveva fondato la sua scuola di pensiero. Il luogo non è privo di significato: attorno al '93 e sino al periodo degli Antonini Nicopoli era una "città libera" che, non battendo moneta propria, utilizzava quella di Roma (vedi link, pag. 41) e dunque il circolante dell'epoca era costituito da denari, sesterzi, ecc., proprio come a Roma. Non sarà più così a partire dall'epoca antonina quando il circolante sarà una moneta provinciale (come, ad esempio, la moneta "k012" di Marco Aurelio tratta dal sito di wildwinds). Epitteto inoltre era di madre lingua e cultura greca e, per via degli studi filosofici, non poteva che scrivere in greco, come evidenziano anche i suoi Discorsi. Veniamo ora al passo (v. link [par. 17]) che ha dato origine alla sua richiesta:

"τίνος ἔχει τὸν χαρακτῆρα τοῦτο τὸ τετράσσαρον; Τραιανοῦ; φέρε. Νέρωνος; ῥῖψον ἔξω, ἀδόκιμόν ἐστιν, σαπρόν. οὕτως καὶ ἐνθάδε. τίνα ἔχει χαρακτῆρα τὰ δόγματα αὐτοῦ; "ἥμερον, κοινωνικόν, ἀνεκτικόν, φιλάλληλον." φέρε, παραδέχομαι, ποιῶ πολίτην τοῦτον, παραδέχομαι γείτονα, σύμπλουν."
Traduco dall'inglese (v. link): "Whose image does this sestertius carry? Trajan’s? Give it to me. Nero’s? Throw it away, it is unacceptable,
it is rotten" - [di chi è l'immagine su questa moneta, di Traiano?, dammela. Di Nerone, buttala via, è inaccettabile, mostruosa].

Il testo presenta tre aspetti da evidenziare:

  • Il primo è il significato del vocabolo "τετράσσαρον". Nella realtà della Nicopoli di Epitteto, il circolante era, come si è detto, la moneta romana. E dunque Epitteto, o Arriano per lui, quando parlavano di "τετράσσαρον" (letteralmente moneta da quattro assi) alludevano certamente ad un sesterzio romano con il dritto di Nerone o di Traiano e non ad una moneta provinciale.
  • Il secondo è la traduzione del passo che, effettuata in un modo piuttosto che in un altro, può dar luogo, in assenza di un'analisi critica, a interpretazioni divergenti. Si ricorderà che la riforma monetaria di Nerone, per quanto riguarda il bronzo, si poneva l'obiettivo di aumentare la massa monetaria a scapito del peso e della qualità dei tondelli (in lega di rame a basso contenuto di zinco). Tranne un breve tentativo di Domiziano di ripristinare la situazione preneroniana, l'obiettivo di tenere alta la produzione, venne mantenuto (v. link pag. 100), se non addirittura accentuato (v. link pag. 664), anche da Traiano e quindi il sesterzio di quest'ultimo non poteva dirsi più pregiato di quello neroniano. Magari la moneta di Nerone, ancora circolante all'epoca di Traiano (quale ragione economica a ritirarla?), poteva essere più consunta ma non per questo di minore valore.
  • Il terzo è la ragione per cui Epitteto, che aveva avuto conoscenza sia di Nerone che di Domiziano, ce l'aveva tanto con il primo e non con il secondo che pure lo aveva cacciato. Bisogna osservare a questo proposito che i Romani annettevano all'immagine dell'imperatore incisa sulle monete un profondo valore morale (v. link). Per Epitteto Nerone era spregevole perché era stato un tiranno, dichiarato nemico pubblico dal Senato (v. link).
Alla luce di quanto sopra ritengo che le conclusioni da lei esposte in calce al suo messaggio (para 3) siano assolutamente condivisibili.

Un saluto cordiale. 
Giulio De Florio

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